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CAVALIERI DELLA BICI


Siamo lontani da quel 13 maggio 1909, la prima edizione della “Corsa Rosa”. Allora le tappe erano solo otto per un percorso totale di 2447,9 km, la partenza era targata Milano, come d’altronde l’arrivo. Da quel lontano giorno di tempo ne è passato, e abbiamo fatto passi da gigante in tutti i settori e sviluppato tecnologie quasi fantascientifiche. Ma come 112 anni fa il giro ci emoziona ancora, ci unisce come nazione, ma soprattutto unisce tutti gli appassionati di ciclismo, che amano vedere questi intrepidi cavalieri che sopra le loro indomabili bici sfidano fango, intemperie, salite massacranti, caldo e freddo per conquistare la maglia rosa ed un posto immortale nell’Olimpo dei grandi del passato. Come sfondo di queste gesta abbiamo il paese più bello del mondo: l’Italia, con le sue faticose ma bellissime salite alpine, i sinuosi colli toscani, i mari e le pianure che ci regalano sfondi straordinari, tutto questo con l’enorme patrimonio artistico, culturale ed anche culinario che va da città a città, di borgo in borgo, inondando i corridori con la sua energia.

Da quel lontano 13 maggio, il giro abbraccia ora quasi tutta la penisola, con le sue 21 tappe e quasi 3500 km. La partenza è stata spostata a Torino, per arrivare a Milano alla 21 tappa dove la Madonnina accoglierà il vincitore tra gloria e festeggiamenti. Il giro è un tripudio di emozioni dal suo inizio fino alle volate finali, passando per le salite che hanno fatto la storia del ciclismo nazionale e anche internazionale. Come dimenticare la storica salita sul Passo dello Stelvio, dove anche gli scalatori più esperti hanno difficoltà.

Il Giro racchiude in sé ricordi di epiche battaglie e rivalità leggendarie come quella tra Fausto Coppi e Gino Bartali, capaci di dividere mezza Italia, ma al tempo stesso di farla stare unita con gli occhi puntati sul giro per non perdersi neanche un attimo di questa emozionante sfida. Questi due grandi atleti hanno avuto il merito di ridare il sorriso ad un’Italia appena uscita dalla guerra, che con affanno guardava ad un futuro incerto, ma che grazie a questi due signori riuscì a vedere un’alba rosa come quella dei campioni, come la maglia dei campioni. Non è un caso che sul trofeo “senza fine” che si dà al vincitore del giro, chiamato così perché costituito da spirali che partono dal basso per allargarsi verso l’alto, ci siano scritti i nomi di tutti i vincitori delle passate edizioni, che rimarranno immutabili nella storia, nomi di quelle persone che con fatica, costanza e dedizione sono riusciti a vincere, ma soprattutto a far emozionare il pubblico regalandoci ricordi indissolubili.

Forse è per questo che il ciclismo è lo sport di tutti e per tutti, non c’è bisogno di uno stadio o un palazzetto per guardarlo perché il ciclismo non si guarda, ma si vive. Si vive stando lì ad acclamare i corridori, sentendo in prima persona la fatica, il pedalare degli atleti, la sofferenza e il sudore, ma anche la voglia di andare avanti, di alzarsi dopo una brutta caduta, perché dopo una salita c’è sempre una discesa. Questa idea è valida anche per la vita: non mollare mai, ed ora, anzi soprattutto ora non dobbiamo dimenticarlo. È da più di un anno che siamo chiusi in casa per questa pandemia, abbiamo perso occasioni, contatti, calore umano, ma arriverà il momento in cui dopo questa estenuante salita ci sarà una limpida discesa e finalmente arriverà l’ultimo assalto, l’ultima volata per conquistare una sudata vittoria.


Andrea Paneni

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