top of page

DIVERSI NATALI: PENSIERI DI TRE DONNE SUL NATALE


Aletheia

Cammino per le strade del mio paese: sto tornando a casa da scuola. Ormai è quasi Natale e sopra la mia testa sfavillano luci, comete e fiocchi di neve. Nei giardini di alcune case gli alberi sono addobbati con festoni o con luci che si spengono e si accendono alternativamente; in quelli di altre sono esposte statuette di elfi o di Babbo Natale, o ancora comete, regali giganti, alberi di Natale. In alcune case ci sono persino proiezioni e giochi di luce sui muri. È buffo: cosa ci trova la gente di bello? Il Natale è un inganno. A Natale il mondo non cambia, non diventa più felice o meno ingiusto, o meno freddo. Se nella tua bocca c’è un sapore amaro, il Natale non lo addolcirà; o forse te ne darà l’illusione, ma la tua gola rimarrà impregnata di un amaro che riaffiorerà ben presto. Non trovo magia né bellezza in questa atmosfera natalizia, e neppure calore: è solo una gran presa in giro, un’illusione che nasconde un mondo freddo e distante. C’è chi di giorno compra maglioni e pigiami natalizi, appende le palline all’albero e accende le luci; mentre di notte piange da solo steso su un letto vuoto, con un vento gelido che gli dà schiaffi in faccia e uno sguardo all’improvviso divenuto grigio. A volte mi sembra che le uniche cose vere, sincere, risiedano nel mio mondo, e in tutta la natura che il mio sguardo ammira, assorbe e porta dentro. Il resto, il fuori, il mondo, è superficiale, ipocrita, noioso.

Luce

Oh, quanto amo il Natale! Credo che sia una festa intrinseca nel mio DNA. L’ho sempre aspettato con gioia infinita quand’ero bambina; e com’ero triste alla fine della giornata, quando mi rendevo conto che la festa non sarebbe tornata prima di un anno. Adesso che sono madre, pur ricevendo un minor numero di regali e pur essendo cresciuta, il mio entusiasmo non è scemato, ma si è modificato: ora la mia gioia più grande è vedere la contentezza dei miei bambini il giorno di Natale; com’è emozionante la loro trepidazione la notte della vigilia, per non parlare dei loro tentativi tanto divertenti quanto fallimentari di restare svegli tutta la notte per vedere Babbo Natale. E poi la colazione, il pranzo in famiglia, le luci, l’albero: un’atmosfera semplicemente magica. Ma la cosa più bella, più meravigliosa di tutte, è la loro reazione alla vista dei regali sotto l’albero la mattina di Natale: e vai con le grida di gioia, e le espressioni estasiate, i tentativi di indovinare il contenuto dei pacchi incartati; e poi, una volta aperti, tocca a me montare tutti i giocattoli sotto i loro sguardi stupiti ed entusiasti, in cui si legge la voglia di provare tutti i doni ricevuti, e un po’ di incredulità dovuta al fatto di aver trovato tutto quello che desideravano e anche di più. Il momento da me più aspettato dell’anno è proprio quello in cui posso vedere i visini felici dei miei bambini, nell’atmosfera magica e senza tempo del Natale.

Elda

Venerdì 8 dicembre

Oggi le mie nipotine verranno da me, e faremo insieme l’albero di Natale. Sono appena andata a comprare palline rosse e dorate: quelle vecchie non bastano più. Ho sempre avuto le stesse palline e lo stesso albero di Natale: lo comprai per la prima volta nel ’65, e quello è rimasto, tutto striminzito e stilizzato, con dei rami sottili che pareva uno scheletro rispetto agli alberi di oggi. Allora lo addobbavo con delle luci a forma di pupazzo di neve; quando il loro cappello ha smesso di illuminarsi, le ho staccate e da allora le ho usate come palle per addobbare l’albero, insieme a regali e lavoretti che i figli facevano a scuola nel periodo natalizio: bigliettini, poesie, piccole ceramiche da attaccare ai rami. Quando ero piccola, mica si faceva l’albero di Natale. No: si decorava la casa con il vischio che raccoglievamo noi. E non c’era neppure tutta quella montagna di regali che vedo ogni anno sotto l’albero delle mie nipotine. Ricordo che mio padre mi faceva mettere la letterina, su cui scrivevo i doni che avrei voluto, sotto un piatto. Lui a un certo punto la prendeva, tutto contento e sorridente, e la leggeva dicendo: “Bene, bene”. Poi mi veniva vicino ed esclamava: “Guarda di là! Guarda bene”, per distrarmi. Io mi giravo, a mia volta entusiasta, e intanto lui posava di nascosto un sacchetto sul tavolino. Poi mi invitava ad aprirlo ed io, colma di gioia, vi trovavo dolciumi, mandarini, cavallucci, persino cioccolata. Roba rara per me, che capitava solo a Natale. E pensare che oggi basta poco per avere tutte queste cose a portata di mano. Che mondo diverso che era, quello della mia infanzia! Se non ci penso, a volte, mi sembra quasi di non averlo mai vissuto. Ci si accontentava di molto meno, e anzi, anche una fetta di mortadella riportata da mio padre dalla fiera era una gran cosa. Lui arrivava alla fiera con un carro portato dalle vacche, per vendere i nostri maiali; poi, come sempre, metà del guadagno andava al padrone del podere che lavoravamo, secondo le norme della mezzadria. 

La sera della vigilia era festa e, pur nella nostra povertà, apparecchiavamo una tavola più decorosa del solito per il giorno dopo. Ci si riuniva tra le famiglie del vicinato e si giocava a carte e a tombola. Alcuni, soprattutto donne, andavano alla messa di mezzanotte. 

Io ho frequentato la scuola fino alla quinta elementare. Amavo molto le maestre e le maestre mi amavano molto. Ero brava. Ricordo che in classe c’era il disegno di una montagna, e che ad ogni comportamento e segnale positivo (ad esempio dieci ad un dettato), si scalava di un po’. Io ero spesso la prima a raggiungere la vetta. A Natale ero sempre io quella che recitava le poesie anche davanti alle altre scolaresche. Ero una bambina timida e dentro tremavo, ma ero grata per l’opportunità che mi veniva data: amavo recitare poesie! Ne ricordo ancora una: 

"Consolati, Maria, del tuo pellegrinare!

 Siam giunti: ecco Betlemme ornata di trofei.

Presso quell' osteria potremo riposare,

ché troppo stanco sono e troppo stanca sei;

Il campanile scocca 

lentamente le sei".

Purtroppo dovetti lasciare la scuola dopo la quinta, con grande dispiacere delle mie maestre, che dicevano che era un gran peccato. Sono contenta di aver potuto invece garantire a mia figlia, con tanto lavoro e tanto sacrificio, la possibilità di compiere il suo percorso di studi e di terminarlo con risultati eccellenti. Studiate sempre, giovani; ma soprattutto, studiate ragazze, perché non è scontato che possiate farlo!


Beatrice Trottolini 2M


Comments


bottom of page