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FAST FASHION: quali sono le conseguenze che si nascondono dietro lo shopping?













Al giorno d’oggi è comune uscire per andare a fare shopping. 

In molti preferiscono acquistare i loro vestiti nelle multinazionali come H&M, Zara, Bershka, che mirano a vendere un prodotto che segue le tendenze del momento a prezzi accessibili.

Si comprano più articoli e a volte anche simili tra loro, non per un preciso bisogno ma perché condizionati da un lungo processo di marketing, che causa in noi il desiderio di quello specifico capo. 

Sappiamo qual è il viaggio che segue la nostra semplice azione? 

Nei paesi più economicamente sviluppati è aumentato il consumo e di conseguenza vengono prodotti sempre più vestiti. 

A New York, per esempio, lo scarto di vestiti è pari al 6% della spazzatura della città.

Acquistiamo degli articoli in negozio, magari anche lo stesso di diversi colori, lo indossiamo e, perché non ci sta più bene, perché ne compriamo altri, finiamo per metterli in dei sacchi e sistemarli nei bidoni della caritas. 

Questo causa un forte impatto ambientale. 

In questo processo i nostri ecosistemi soffrono di danni permanenti, la diffusione di gas serra  influisce nell’inquinamento di questi. 

Dalla nostra semplice azione di gettare i nostri vestiti, pensiamo di aiutare qualcun altro, o semplicemente ce ne vogliamo liberare.

Ma la massa di indumenti second hand ha un’impronta molto forte anche nei paesi poveri, dove arrivano tutti i nostri vestiti, ma finiscono per accumularsi in grandi montagne di stracci che ricordano la forma delle discariche. 

Il fenomeno del “consumo eccessivo” di capi di abbigliamento, è strettamente legato alla scelta  di far durare poco le mode.

Quindi i capi acquistati precedentemente, se sostituiti da una nuova moda, anche se possono essere comunque utilizzati, non li usiamo.

Ad incidere su questo c’è anche  la questione prezzi: il fast fashion si impegna a tenere un prezzo più basso rispetto ai rivali, questo implica costi di produzione più bassi, ma anche scarso valore.

Potremmo pensare che questi vestiti potrebbero essere venduti come vintage, ma hanno qualità troppo basse per essere considerati tali. 

Oltre all’inquinamento vengono danneggiati anche i lavoratori, che operano nelle fabbriche, in condizioni  non sicure e non giustamente retribuiti. 

Insomma, dietro al nostro innocente acquisto di questi prodotti si nasconde un grande studio di marketing con forte impatto ecologico. 

Per cercare di rimediare a questo fenomeno alcuni negozi hanno adottato un’impronta più ecosostenibile, ma comunque non abbastanza efficace . 

Sono le persone a dover comprare meno abiti: magari, invece che prenderne tanti molto simili tra loro, possiamo prenderne uno di miglior qualità così che possiamo usufruirne più a lungo.

Tutti possono utilizzare di più i loro capi, magari anche prestandoli a familiari per riutilizzarli e dare loro una seconda vita.

Può succedere di personalizzare un vestito con creatività: per esempio, ho un vecchio pantalone lungo, che non uso più e non mi piace più, posso tagliarlo e renderlo un pantaloncino corto. 

Insomma lo shopping può essere ancora più bello, se vogliamo, se fatto consapevolmente.


Lucrezia Abate 3I


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