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GUERRA RUSSIA-UCRAINA: PREMESSE



La crisi dell’Ucraina e la guerra cominciata il 24 Febbraio 2022 dall’iniziativa del Presidente russo Vladimir Putin stanno mettendo a repentaglio l’equilibrio mondiale e i decenni di pace instauratisi in Europa al termine della Seconda Guerra Mondiale. Vediamo quali sono i motivi dello scontro e le dinamiche internazionali che influenzeranno il suo andamento.


  1. Le origini: NATO e Patto di Varsavia

  2. Motivi storici e ufficiali dello scontro

  3. Ucraina filo-occidentale: 2014

  4. Le Repubbliche del Donbass: Lugansk e Donetsk

  5. Attacco organizzato

  6. Politica dell’attendismo

  7. Gli attori in scena: i movimenti degli altri Stati

  8. Le sanzioni e la questione del gas

  9. Le armi per la “pace”: i buoni e i cattivi


Le origini: NATO e Patto di Varsavia

Facciamo un passo indietro. Siamo all’indomani della Seconda Guerra Mondiale e la Germania, come anche la capitale Berlino, è divisa tra i più potenti vincitori dello scontro: la parte Ovest (o futura Repubblica Federale Tedesca) spartita tra Stati Uniti, Gran Bretagna e Francia e quella Est (o futura Repubblica Democratica Tedesca) in mano all’Unione Sovietica, o URSS (1922-1991).

Il 4 Aprile 1949 nasce l’Alleanza Atlantica o NATO (North Atlantic Treaty Organization), ovvero un’organizzazione militare difensiva che comprendeva i 12 Stati fondatori: Stati Uniti affiancati da potenze occidentali come Gran Bretagna, Italia e Francia.

Poco tempo dopo, nel 1955, l’URSS e governi filorussi come Polonia, Ungheria e Romania danno origine al Patto di Varsavia. Si trattava di un’alleanza militare comprendente la Germania Est, diametralmente contrapposta alla NATO e nata come reazione all’entrata nell’Alleanza Atlantica della Germania Ovest.

Il Patto di Varsavia venne sciolto nel 1991, mentre la NATO si mantenne e con il tempo estese sempre di più il suo raggio d’azione con l’entrata nell’alleanza anche di Paesi di precedente influenza sovietica (ad esempio Repubblica Ceca, Ungheria, Polonia e Paesi Baltici).


L’avvicinamento dell’Ucraina alla NATO

Lo Stato dell’Ucraina acquisì la sua indipendenza nel 1991, quando l’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche cadde.

Con l’estensione progressiva della NATO, la Russia si è sentita sempre più minacciata dagli eserciti dell’Alleanza in avvicinamento costante verso il Cremlino. L’Ucraina, quindi, come la Bielorussia, dovrebbe avere il ruolo di Stato cuscinetto per garantire uno spazio limite tra l’area di controllo russa e quella occidentale.

La neutralità ucraina, però, negli ultimi anni non è stata più garantita a causa di un continuo avvicinamento del governo statale ad una posizione filo-occidentale (cosa che ha scatenato l’intervento della Russia nel 2014 e la dichiarazione d’indipendenza della Crimea). Inoltre, in questi ultimi giorni si è diffusa la probabilità che l’Ucraina diventi un membro della NATO. Dal punto di vista di Putin, questa mossa comporterebbe l’inaccettabile e pericolosa presenza di soldati dell’alleanza sul confine russo. La risposta dello “Zar” comprende la necessità di una “finlandizzazione” dell’Ucraina, termine che fa riferimento alla posizione neutrale della Finlandia nelle questioni riguardanti USA e Russia. Viene richiesta, quindi, una Ucraina non schierata, neutra, che garantisca un confine spartiacque tra l’influenza slava e occidentale.


Ucraina filo-occidentale: 2014

Come anticipato precedentemente, l’invasione del 2022 non è la prima manifestazione del malcontento di Putin sulla questione dell’Ucraina.

Se fino ad allora il governo ucraino si era trovato su posizioni filo-russe, nel 2014 venne eletto un presidente d’aspirazione filo-occidentale. La Russia, non contenta di questo passaggio, rispose con il riconoscimento dell’indipendenza della Crimea dallo Stato ucraino e la sua annessione alla Federazione Russa con il nome di “Repubblica di Crimea”.

É in questa occasione che prendono forza le voci indipendentiste di Lugansk e Donetsk.


Le Repubbliche del Donbass: Lugansk e Donetsk

Il Donbass è definito dalla Treccani come la “vasta regione dell’Europa orientale, appartenente quasi per intero all’Ucraina e per un piccolo tratto alla Russia; comprende parte del bacino del Donez e dello Dnepr”. La crisi del 2014 ha stimolato le regioni russofone di Lugansk e Donetsk, appartenenti al Donbass, che hanno reagito con mire indipendentiste e separatiste contro l’Ucraina.

Putin, sostenendone lo scontro, il 21 Febbraio 2022 ha riconosciuto l’indipendenza delle Repubbliche del Lugansk e del Donetsk. Il ruolo della Russia nel conflitto si pone, quindi, sotto il mito della missione di “peacekeeping”, cioè una guerra difensiva a favore delle Repubbliche del Donbass per garantire ossimoricamente la pace.


Attacco organizzato

In poche parole, il Presidente russo ha colto la palla al balzo e sfruttato l’insurrezione di queste regioni filo-russe russofone per dare inizio ad una guerra già premeditata da tempo. Infatti, l’attacco russo non è stato improvvisato e questo fatto è testimoniato dall’arrivo degli eserciti russi da più direzioni, non solo dalla Russia, ed anche da territori molto lontani dalla zona dello scontro effettivo.

Inoltre, il discorso di Putin con l’annuncio di guerra trasmesso in tv non avvenne in diretta, dato che era stato già registrato precedentemente.


Insomma, l’Ucraina viene evidentemente ancora considerata dal Cremlino una propaggine della Russia e non una nazione a sé stante e la grande attività diplomatica di Putin non è stata altro che una finta messa in scena, sfociata in una prova di forza decisa da tempo.


Politica dell’attendismo

La domanda sorge spontanea: quali sono le vere intenzioni di Putin riguardo alla guerra? In linea con una politica nazionalista, Putin sta cercando di rivendicare territori russi per proteggerli sotto la sua ala. Si fermerà all’Ucraina? Andrà oltre?

Se l’occidente non reagisce in alcun modo, si rischia di ricadere in una politica dell’attendismo simile a quella messa in pratica negli anni della Seconda Guerra Mondiale. Le pretese di espansione “giustificate” nazionalisticamente dalla Germania di Hitler hanno rafforzato piano piano lo Stato tedesco creando la convinzione di una debolezza continentale. Quello che è successo dopo è storia: il punto di non ritorno ha fatto scoppiare una guerra dalle conseguenze disastrose.

Nonostante la potenziale similitudine tra i due fenomeni, c’è una differenza fondamentale. Hitler, grazie al suo carisma ed alla creazione di miti come la presunta “superiorità della razza ariana”, era riuscito a raccogliere un grande consenso interno per la sua politica nazionalista. La Russia di Putin, più forte economicamente e militarmente rispetto al 2014, invece, è divisa e debole, come testimoniato dalle varie manifestazioni popolari contro la guerra. La risposta dello Stato prevede una dura repressione e comanda alla polizia l’arresto indiscriminato di chiunque si opponga alla strategia dello “Zar”.


Gli attori in scena: i movimenti degli altri Stati

La richiesta d’aiuto da parte dell’Ucraina verso l’Occidente viene subito accolta e condivisa dalla maggior parte degli Stati europei e dagli Stati Uniti. L’unica opzione è quella di unire le forze per risolvere la questione il prima possibile e ristabilire la pace.

La NATO, però, non può intervenire militarmente. La questione è semplice e rientra nella stessa definizione dell’Alleanza atlantica: si tratta di un’organizzazione militare difensiva. L’Articolo 5 sancisce che la NATO può entrare in guerra solo ed esclusivamente in caso di un attacco nemico verso uno Stato membro della stessa NATO, ma l’Ucraina non è uno di questi nonostante abbia manifestato il suo interesse alla partecipazione.

La discussione si estende anche all’Articolo 4, il quale afferma la possibilità di un intervento da parte della NATO qualora si prefiguri una minaccia concreta ad un suo membro, cosa che attualmente non c’è. É questo il motivo per cui è fondamentale comprendere le vere intenzioni di Putin: in caso lo scontro si allargasse ad altri Paesi, si arriverebbe ad una guerra mondiale.

Dobbiamo chiederci ora come hanno intenzione di muoversi gli altri Stati, come la Cina (territorio ancora caldo a causa della questione della Cina di Taiwan nell’isola di Formosa), la Turchia (che non ha chiuso lo Stretto di Dardanelli come richiesto dal governo Zelenskij) o la Corea del Nord (che ha espresso il suo sostegno all’impresa russa).


Le sanzioni e la questione del gas

Per ora, le uniche opzioni per cercare di fermare Putin sono l’isolamento della Russia ed il sanzionamento, che dovrebbero costringere l’aggressore a trattare e tornare indietro. Le conseguenze si vedrebbero soprattutto a lungo periodo, anche perché in questo momento il Cremlino non risulta essere un Paese debole, anzi. La strategia deve avere un’adesione globale affinché funzioni e non risulti debole.

In realtà, la questione delle sanzioni è molto delicata, in quanto si tratta di un’arma a doppio taglio: da una parte si cerca di indebolire la Russia, mentre dall’altra gli Stati verrebbero colpiti con un effetto boomerang. Si aggiunge anche la questione del gas, dato che l’Europa dipende dai rifornimenti russi al 36% (in particolare, l’Italia al 42,5%).


Le armi per la “pace”: i buoni e i cattivi

Cercando di evitare di imporre etichette a destra e a manca, riflettiamo su quello che sta accadendo.

La guerra è un’opzione sbagliata per tutto ciò che comporta; questo è un dato di fatto. Si tratta di un’azione ingiustificabile da tutti i punti di vista ed il fatto che nel 2022 sia considerata una strada percorribile è inaccettabile.

Nonostante ciò, la situazione evidenzia delle contraddizioni storiche che è necessario risolvere. La minaccia percepita da Putin può farci tornare indietro fino alla guerra fredda. È possibile comprendere la sua preoccupazione riguardo la presenza dell’esercito dell’Alleanza al confine con la Russia. L’estensione della NATO eredita simbolicamente le ombre degli scontri del passato, tanto che si rende necessaria in maniera lampante una riforma che renda l’organizzazione, ormai anacronistica, strutturalmente più adeguata ai nostri tempi.

Per questo motivo, non è possibile parlare di “cattivi” russi (anche se la scelta di attacco di Putin è assolutamente da condannare) e di “buoni” occidentali. Perché dei “buoni” dovrebbero avere la possibilità di stanziare delle truppe armate al confine con un paese storicamente designato come “nemico”? É questa la vera definizione di pace?


Laura Jacob 5D

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