Se stai leggendo questo articolo,
sicuramente è Dicembre.
Probabilmente è Natale.
Tutti noi, adesso, siamo circondati dalla sfarzosità di addobbi, alberi, ghirlande e pubblicità a tema in ogni angolo della città.
Per non parlare delle nostre dimore, che ogni anno decoriamo anche prima dell’otto Dicembre perché non riusciamo a resistere
all’attesa.
E fin qui, ci siamo tutti.
Il rosso.
è questo il colore che associamo alle festività natalizie,
è questo il colore con cui i bambini disegnano i cuori.
Ci trasmette forza, passione, sicurezza,
ma allo stesso tempo aggressività, rabbia, pericolo.
A questo punto, qualcuno di voi avrà intuito
che l’argomento di questo articolo, non è il Natale.
Ma siamo noi.
Tutte noi.
Tutti noi.
“Non è che non mi fido di te, Livia, è che non mi fido degli altri”.
E di conseguenza…
La gonna è troppo corta, quindi non la posso indossare.
Quindi mi cambio, e rimetto i pantaloni.
E penso che la gente è proprio cattiva, a volte.
Questa scena ricorre almeno una volta durante la fase più critica della vita di un’adolescente.
E, puntualmente, è proprio quando ci convinciamo che forse mamma è troppo paranoica, che la nostra vita cambia per sempre.
Per un vestito.
Una gonna.
Una maglietta.
Un atteggiamento.
Perché siamo donne.
E dovremmo aspettarcelo.
E adesso aspettate.
Fermatevi.
Le sentite le parole che non emettete mentre state leggendo?
Il silenzio che fate?
I pensieri che vi balenano in testa mentre decine delle mie parole vi scorrono davanti agli occhi?
Cosa genera una parola?
Uno stimolo.
Ma quando quello stimolo è troppo grande, troppo asfissiante, troppo violento?
Quella parola,
quella singola lettera
viene risucchiata in un vortice di paura e tormento.
Rimorsi e rimpianti.
“Perché non parli? Perchè non hai parlato?”
“Perché non ci sono riuscita”.
A quelle cinque parole,
credete.
Credete con tutti voi stessi.
In nome del sangue versato e non,
di quello che si sta per versare,
in nome di un paio di scarpe rosse,
in nome di un nastro,
in nome di una donna.
Abusata.
Vittima.
Violata.
In modo che,
quella gonna non sia più troppo corta,
e la gente,
non più così cattiva.
Livia Fiacca 1G
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