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ROSALIND FRANKLIN E LA CRISTALLOGRAFIA DELL’INGIUSTIZIA

Le parole “genio” e “donna” possono convivere nella società della prima metà del ventesimo secolo?


Rosalind Franklin è stata una figura cruciale nella comprensione della struttura del DNA, ma la sua storia è stata spesso oscurata dalla discriminazione di genere e dalle dinamiche accademiche dell'epoca. La ricerca pionieristica della Franklin e il suo ruolo nell'identificare la struttura a doppia elica del DNA sono stati minimizzati per anni e il merito di esse attribuito ai suoi colleghi uomini.

Chi era Rosalind Franklin?

La Franklin è nata il 25 luglio del 1920 a Londra, da una facoltosa famiglia ebraica e fin da piccola ha dimostrato di essere portata per le lingue e le materie scientifiche, di avere un'ottima memoria ed essere molto curiosa. All’età di nove anni ha iniziato a frequentare un collegio a Bexhill, che ha lasciato dopo due anni, ritenendo che le materie venissero trattate in modo poco approfondito…insomma, un carattere molto deciso!

Dopo aver terminato il ciclo di studi di chimica al Newnham College di Cambridge e aver svolto studi di dottorato riguardanti la microstruttura di diversi tipi di carbone e la sua correlazione con alcune proprietà, è entrata in contatto con la tecnica della cristallografia durante il suo soggiorno in una Parigi decisamente più aperta nei confronti delle donne professioniste.

Durante la sua successiva permanenza al King's College di Londra ha preso parte a ricerche fondamentali che, sfruttando la cristallografia a raggi X, miravano ad ottenere nitide immagini della struttura molecolare del DNA. Si cimentò in uno studio sempre più approfondito della molecola, fino ad individuare 2 diverse forme di essa: la forma B, che si può notare quando la fibra è idratata e diventa più lunga e sottile, e la forma A, che invece è visibile quando la fibra è disidratata e assume la sua forma iniziale. Intraprese lo studio insieme ad un collega, Maurice Wilkins, il quale si occupò della forma B. Wilkins arrivò alla conclusione che la forma B fosse una spirale, ma non sapeva ancora con certezza la struttura della forma A. I risultati di questi studi vennero rivelati dal ricercatore a due suoi amici, James Dewey Watson e Francis Crick, anche loro studiosi in quel campo scientifico, e insieme teorizzarono il primo modello di DNA. Esso però si rivelò inesatto e, ad accorgersene, fu proprio Rosalind Franklin.


La ricercatrice intanto stava proseguendo le sue ricerche nel seminterrato in cui era stata relegata che la portarono, all'inizio di maggio del 1951 a sviluppare la famosa “Photograph 51”, la più nitida immagine del tempo della molecola. Mostrava una struttura ad X che costituiva l’evidenza cruciale per la struttura a doppia elica dell’acido desossiribonucleico. Un mese dopo la scoperta la Franklin si trasferì al Birkbeck college, mentre Wilkins rimase al King’s; si affrettò a rimettersi in contatto con Watson e Crick, allarmato dall’eventualità che Rosalind potesse pubblicare la scoperta per prima. In realtà la Franklin non aveva intenzione di rendere note le sue ricerche perché, grazie al suo carattere scrupoloso, preferiva ultimare i suoi studi ed accertarsi della correttezza delle conclusioni tratte da quell’immagine. Lo studio fu pubblicato nel 1953, ma solo dopo quello di Crick, Watson e Wilkins, che erano riusciti ad ipotizzare, ma solo grazie al lavoro sottratto alla loro collega, la struttura del DNA. Questa scoperta rivoluzionaria valse loro il premio Nobel, e Rosalind stessa non seppe mai che gli uomini a cui mostrava la sua stima per essere arrivati a quell’importante conclusione,si fossero in realtà serviti dei suoi dati. La forte esposizione ai raggi X alla quale Rosalind Franklin si era sottoposta per le sue ricerche le causò un tumore ovarico che la portò al decesso nel 1958.


Perché questa storia è presa come esempio di discriminazione di genere?


La storia, e soprattutto l’ingiustizia subita da Rosalind, è stata resa nota solo nel 2002 da una giornalista americana, fino a quel momento il nome della ricercatrice era rimasto nascosto ai più.

L'opinione pubblica si è divisa tra chi riconosce l'ingiustizia subita dalla Franklin e chi ritiene che Watson e Crick, presi dal fuoco della ricerca, avrebbero fatto lo stesso spregiudicato uso dei risultati di un collega uomo. Questo è stato ben presto smentito dalla scarsa considerazione che i due hanno dimostrato di avere nei confronti della collega.

Nonostante la sua illustre carriera e una laurea in un'università prestigiosa, la Franklin veniva trattata al pari di un’assistente perché ad una donna non era concesso mettersi in competizione con degli uomini.


Lo stesso Watson affermerà che “Wilkins non avrebbe mai dovuto mostrarmi la foto", eppure quella foto non solo è stata utilizzata, ma non ne sono stati riconosciuti nemmeno i meriti alla legittima proprietaria.

Anche ammettendo che la scoperta della doppia elica non fosse propriamente loro, Watson e Crick non sarebbero stati screditati: il loro lavoro è stato comunque fondamentale alla società scientifica, infatti hanno messo insieme diverse teorie scientifiche per formulare un’unica ipotesi sulla forma del DNA. Allora perché non ricordare anche la teoria della Franklin tra esse? Il fatto che fosse donna ha molto probabilmente contribuito a farla finire nel “dimenticatoio” scientifico.


Una riprova del trattamento sessista subito dalla scienziata sono le dichiarazioni di Watson nel libro “La doppia elica”, che si riferisce alla collega chiamandola “Rosy”, non “Dottoressa”, e definendola “la terrible e bisbetica Rosy, una donna non attraente e dal carattere pessimo, molto gelosa del proprio lavoro, che trattava gli uomini come ragazzini cattivi e che vestiva da liceale”, non facendo minimamente riferimento al suo lavoro accademico, preferendo invece rimarcare il suo vestiario e le sue scelte di stile.


Quello di Rosalind Franklin oggi è considerabile un caso di “effetto Matilda”: una formula che sta ad indicare un pregiudizio di genere riguardo il riconoscimento delle donne nella ricerca scientifica e l’attribuzione delle loro scoperte e meriti a colleghi uomini. Questo fenomeno non era ancora noto negli anni ’50, ma non si fatica a credere che la discriminazione di genere abbia costretto la Franklin ad affrontare sfide e pregiudizi in un ambiente scientifico dominato dagli uomini, a vedere la sua competenza scientifica e la determinazione nel suo lavoro non pienamente riconosciute a causa del suo genere e a venire esclusa dai dibattiti scientifici e trattata in modo discriminatorio nella collaborazione scientifica.

Questo è uno dei tanti casi che evidenziano la persistente disparità di genere nel mondo scientifico e la necessità di riconoscere il contributo di tutti nella ricerca scientifica, superando le barriere di genere abbattendo il monolitico stereotipo che vuole le donne poco adatte allo studio delle discipline tecnico-scientifiche.



Matilde Costarelli & Elisa Pompili 5H

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