Margaret Hamilton è stata una delle più importanti personalità nell'ambito dell'ingegneria informatica nel secolo scorso. È stata direttrice del Software Engineering Division del MIT, oltre ad aver fondato la Hamilton Technologies Inc., una società nata per la progettazione di sistemi e software.
Ma perché, vi starete chiedendo, la stiamo citando in un articolo che parla dell'allunaggio?
In realtà, non molti sanno che i suoi studi e il suo lavoro hanno avuto un ruolo fondamentale nella riuscita del primo sbarco sulla Luna. È stata proprio lei a sviluppare il software di bordo dell'Apollo 11.
Nel 1960, due anni dopo essersi laureata in matematica all’Università del Michigan, Margaret Hamilton ottenne un incarico al MIT per sviluppare software per le previsioni meteo di alcuni calcolatori. Negli anni successivi, tra il ‘61 e il ‘63, partecipò al cosiddetto progetto SAGE, che lavorava anch’esso sullo sviluppo di un sistema informatico per le previsioni meteo.
Grazie al suo incredibile lavoro nel progetto SAGE, la Hamilton poté aspirare al posto di capo sviluppo dei software di volo del programma americano Apollo, la missione spaziale americana che portò i primi uomini sulla Luna. Proprio mentre lavorava con il team di software engeneering al progetto Apollo 11, sviluppò il suo codice rivoluzionario. Il contributo di Margaret Hamilton fu fondamentale in tutte le missioni Apollo e anche per progetti successivi, come il progetto Skylab (la prima e fino a ora unica stazione spaziale degli Stati Uniti d’America).
Prima di parlare di lei in modo più specifico ricordiamo alcuni dati sulla missione Apollo 11. La navicella spaziale venne lanciata alle 13:31 UTC del 16 luglio 1969 e atterrò 4 giorni dopo alle 20:17 UTC. Il giorno successivo, il comandante della missione Neil Armstrong divenne il primo uomo a mettere piede sulla Luna e, dopo 19 minuti, venne raggiunto dal pilota del modulo lunare Buzz Aldrin. Il pilota del modulo di comando, Michael Collins, rimase a bordo della navicella in orbita intorno alla Luna mentre Armstrong e Aldrin esploravano la superficie lunare. Il 24 luglio lo shuttle fece ritorno sulla Terra con un ammaraggio nell’Oceano Pacifico.
Il contributo di Margaret Hamilton può non essere evidente a una prima analisi, ma fu in realtà fondamentale per la riuscita della missione dell’Apollo 11. Lei è stata infatti la persona responsabile dello sviluppo del protocollo di ripristino. Esso si sarebbe attivato in caso di sviluppo di determinate problematiche e, dopo averle individuate, sarebbe stato in grado di risolverle. Proprio dopo 5 minuti dall'inizio della discesa, a 1800m sopra la superficie lunare, si verificò un problema di sovraccarico del sistema impegnato negli algoritmi e calcoli per le operazioni di avvicinamento. Nello specifico, il computer di navigazione e di guida del modulo lunare attirò l'attenzione dell'equipaggio con una serie di allarmi appartenenti alla categoria “Executive alarm”, indicando cioè che il computer di guida stava sprecando risorse in task minori e che la memoria rischiava di essere danneggiata dall’eccesso di dati (overflow). Il programma di Margaret Hamilton fu in grado di correggere subito il problema e ripristinare correttamente tutte le funzioni necessarie per l’atterraggio. Il programma fu talmente brillante e funzionale che fu poi ripreso e riutilizzato nelle successive missioni Apollo nello Skylab, prima stazione spaziale americana, e nello Space Shuttle.
Margaret Hamilton ha senza dubbio aperto la strada a esplorazioni lunari sempre più avanzate e sicure, ma la sua non è l’unica figura femminile che, con il suo lavoro, ha contribuito al progresso di progetti e missioni spaziali.
Katherine Johnson (1918-2020), per esempio, lavorò come la Hamilton a numerosi progetti spaziali. Nel 1953 le fu offerto un incarico dal dipartimento di Guida e Navigazione della NASA. Analizzò per quattro anni dati di test di volo e lavorò poi, insieme a un team di soli uomini, al progetto che puntava a rendere l’America la prima potenza a mandare un uomo nello spazio. Nonostante i numerosi sforzi, il team venne battuto dall’Unione Sovietica.
I suoi calcoli furono comunque fondamentali nella missione Apollo, in particolare per Alan Shepard (primo statunitense nello spazio) e John Glenn (primo statunitense in orbita intorno alla Terra).
A partire dal 1962, la NASA introdusse l’utilizzo di calcolatori elettronici, ma la Johnson continuò a verificare i calcoli per gli astronauti, che altrimenti si rifiutavano di volare.
Oltre a Katherine Johnson, ci sentiamo in dovere di citare anche Frances Northcutt (1943), informatica e avvocata statunitense, oltre che prima donna ingegnere del centro di controllo missione della NASA.
Dopo aver conseguito una laurea in matematica iniziò il suo lavoro anche lei come calcolatrice per il programma Apollo. Durante gli anni di lavoro alla NASA, Northcutt partecipò a diversi progetti Apollo: con il suo team progettò la traiettoria di rientro della missione Apollo 8 e lavorò successivamente anche con l’Apollo 13, permettendo agli astronauti di ritornare a Terra dopo l’esplosione del serbatoio di ossigeno.
Il lavoro alla NASA di queste e di altre donne nell’ambito del programma Apollo, è oggi celebrato come una delle più grandi conquiste femminili del secolo scorso, nonostante spesso non gli venga data la giusta importanza: le missioni Apollo coinvolsero più di 400 mila persone e tra queste migliaia erano donne.
Nonostante il fatto che durante il loro lavoro alla NASA queste donne spesso venissero trattate e pagate diversamente rispetto ai loro colleghi uomini, stanno ora ricevendo i riconoscimenti che meritano.
Il 22 novembre 2016, all’età di 80 anni, Margaret Hamilton ha ricevuto dal Presidente degli Stati Uniti Barack Obama la Medaglia presidenziale della libertà, la più alta onorificenza che possa essere insignita a un civile americano, per il suo fondamentale contributo nelle missioni Apollo.
Sofia Piergentili 4H e Sofia Barbanera 4F
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