Cos’è la musica per noi? Qualsiasi risposta potrebbe soddisfare questa domanda. Volendo fare un paragone con la matematica, prendiamo in considerazione le equazioni indeterminate: sono delle identità in quanto ogni numero reale potrebbe essere la radice o soluzione. La musica è più o meno la stessa cosa: ci circonda e ci accompagna, si può fare con tutto. La musica è tutto: un linguaggio universale che può raggiungere qualsiasi punto del mondo, è un mare che contiene sentimenti e storie, è infinitamente grande; ci proietta nel mondo dell’ineffabile, destabilizzandoci, alimentando il nostro bisogno di dare voce a quello che sentiamo. A volte, non essendo capaci di esprimerci a parole, la musica ci offre un mezzo meraviglioso per parlare di noi indirettamente; anche perché quello che noi vogliamo esprimere in un certo brano può subire un’interpretazione diversa da parte di un’altra persona. La musica non è oggettiva e, soprattutto, non è facile. Anzi è molto complicata, in quanto specchio della realtà in cui viviamo, che riversiamo continuamente nell’arte grazie alla nostra creatività. La musica è comunemente definita come una successione di suoni orecchiabili costituita da tre elementi: il ritmo, la melodia e l’armonia. Questa definizione è però piatta e non del tutto giusta. Poche cose, a mio parere, possono essere definite in modo esatto oggettivamente, e la musica non è tra quelle. La musica, come tutte le arti, è bellezza; ma ciò non significa che debba essere armoniosa, orecchiabile, piacevole ed equilibrata. Ciò che è dissonante, sproporzionato, disarmonico e disordinato è bello, purché sia espressione di qualcosa. La musica è bella in quanto strumento di espressione e di introspezione. Quando ci sentiamo pervasi da sentimenti forti e sentiamo il bisogno di buttarli fuori, lì entra in gioco la musica: racconta le parti più umane di noi, facendoci innamorare anche dei nostri difetti. E quando ascoltiamo un brano, ci interroghiamo su noi stessi e ci guardiamo dentro. La musica ha infatti il potere di farci riflettere e di trasmetterci delle sensazioni. Il bello è che un compositore può scrivere un brano con un’intenzione precisa, volendo esprimere determinati stati d’animo e emozioni, ma a un’altra persona possono arrivare sentimenti totalmente diversi da quelli che l’autore aveva in mente. Quando si parla di musica, quindi, si cammina sulle braci ardenti, o in bilico sulla lama di un coltello: non c’è niente di certo, e quella che poteva essere una sicurezza, un momento dopo diventa un dubbio. Fare musica è andare sulle montagne russe. Tutto contribuisce ad arricchire l’infinitamente grande mare della musica. Sì, perché la musica in effetti è un po’ come il mare. Prendiamo come spunto una frase di Albert Camus: “Solo la musica è all’altezza del mare”. Che cosa significa, secondo voi, questa frase? Lo chiedo proprio a voi, alessini, non filosofi e neppure scrittori. Perché può assumere significati diversi da persona a persona. La musica ha tanto in comune con la matematica ma, di certo, non è oggettiva e muta continuamente. Questa potrebbe essere una prima analogia con il mare. Ma cosa provate voi quando lo guardate, il mare? Forse solo la musica ha il potere di suscitare sentimenti altrettanto forti. Il mare è talmente profondo e pericoloso. Non ne vedi mai la fine e i suoi abissi, forse, non li conosce nemmeno lui. “Il mare non ha paese nemmeno lui, ed è di tutti quelli che lo stanno ad ascoltare, di qua e di là dove nasce e muore il soIe” (Giovanni Verga, I Malavoglia). “Io sono uno che viene dal mare. Il mare è silenzio, riflessione, gioia, a volte angoscia. Il mare è romanticismo ma anche energia. È tutto” (Giampiero Ventura, ex allenatore di calcio). “Il mare unisce i paesi che separa” (Alexander Pope). Però vi dico una cosa: La musica è ancora più grande del mare. Sì, perché lui ci sembra immenso, ma alla fine occupa uno spazio ben preciso, lì comincia e poi finisce, un po’ più in là, a una distanza quasi nulla rispetto al resto. La musica, non avendo il limite di un corpo fisico, non occupa spazio, e, chissà, forse è infinita. Noi possiamo, nel fare musica, essere all’altezza del mare, nel senso che possiamo suonare come suona lui, cantare come canta lui, con dolcezza e con rabbia, con passione e con profondità. “Il mare più bello è quello che non navigammo” (Nazim Hikmet, “Il più bello dei mari”). Le cose più belle sono quelle che non possediamo, sono quelle diverse da noi. La musica è un invito ad ascoltare l’altro, comportamento alla base di ogni apertura mentale. “C'è una gioia nei boschi inesplorati. C'è un'estasi sulla spiaggia solitaria, C'è vita dove nessuno arriva vicino al mare profondo, e c'è musica nel suo boato. Io non amo l'uomo di meno, ma la Natura di più” (George Gordon Byron, poeta e politico britannico di inizio Ottocento). Ora vi propongo una lista di dieci canzoni di tutti i generi possibili e immaginabili, che costituiscono diverse concezioni musicali e che soddisfano differenti gusti. Ciascuna di esse ha una sua unicità e particolarità, per cui merita la stessa attenzione delle altre, anche se non vi piace. La musica ci spinge ad essere aperti, curiosi e riflessivi.
Le dieci canzoni sono:
Danza della Fata Confetto di Tchaikovsky. Un brano meraviglioso, che fa parte del celeberrimo balletto “Lo schiaccianoci”, in cui la celesta ha un ruolo di protagonista. Si tratta di uno strumento poco diffuso e ad oggi praticamente scomparso, ma affascinante. È simile ad un pianoforte, ma i martelletti, invece di percuotere le corde, battono su lamelle di metallo, producendo un suono simile a quello di un vibrafono. Il risultato è una melodia da sogno, misteriosa, preziosa e ammaliante. È una musica che nasconde un segreto, che appare fragile e delicata, ma in realtà è semplicemente magica.
Vietato Morire di Ermal Meta, canzone impegnata contro la violenza, in particolare quella sulle donne. DI seguito alcuni versi del testo: “La tua collana con la pietra magica\ Io la stringevo per portarti via di là\ E la paura frantumava i pensieri\ Che alle ossa ci pensavano gli altri\ E la fatica che hai dovuto fare\ Da un libro di odio ad insegnarmi l'amore\ Hai smesso di sognare per farmi sognare\ Le tue parole sono adesso una canzone”. “E scegli una strada diversa e ricorda che l'amore non è violenza.\Ricorda di disobbedire e ricorda che è vietato morire, vietato morire”.
Ce qu’a vu le vent d’ouest di Debussy. Brano impressionista molto particolare, come del resto tutti i brani di Debussy. La sua è una musica più difficile per me da definire: non è una semplice melodia, ma è più uno spartito strapieno di note veloci e dissonanti che sembrano quasi gettate alla rinfusa. Complicatissimo da eseguire in generale, in questo brano sembra di sentire veramente il vento soffiare tra i capelli e tra le mani, portandoci a fare attenzione alle piccole cose che diamo spesso per scontate.
Coraline dei Måneskin. Una canzone struggente sia per quanto riguarda il solo testo musicale, sia per quanto riguarda il testo verbale. Racconta di una bambina che affronta un percorso di crescita che si rivela difficoltoso e tormentato. Coraline (nome che prende ispirazione dal film del 2009 “Coraline e la porta magica”) sente un grande peso dentro, e si parla di un mostro che la tiene in gabbia. Alcuni versi suggeriscono che la ragazza potrebbe anche soffrire di anoressia: “Ho detto a Coraline che può crescere\ prendere le sue cose e poi partire\ ma Coraline non vuole mangiare, no\ Sì Coraline vorrebbe sparire”. Nel ritornello la canzone esplode e vi sembrerà di provare gli stessi sentimenti di Coraline. Il testo racconta poi di un “cavaliere” che le promette di proteggerla e salvarla, ma alla fine non ci riuscirà. Anzi, Coraline si chiude in sé stessa, in un castello “con mura talmente potenti, che se ci vai a vivere dentro non potrà colpirti più niente”.
Bohemian Rhapsody dei Queen. Il motivo per cui si trova in questa lista è che contiene parti molto diverse tra loro, ed è una specie di mix di vari tipi di musica. Per rendere l’idea, secondo Internet il genere di questa canzone è: Hard rock, Rock progressivo, Alternativa/indie, Art rock, Musica per bambini, Progressive pop, Pop, Rock. L’intenzione degli autori era proprio quella di comporre una canzone che potesse soddisfare i gusti di tutti (hanno infatti inserito anche una parte operistica). È una canzone famosissima, di lunga durata, che mette i brividi. Ha dato il titolo al film sui Queen e in particolare su Freddy Mercury uscito nel 2018, che ha ricevuto quattro Oscar.
In un giorno di pioggia dei Modena City Ramblers. Brano ispirato alla musica popolare irlandese, inizia con una voce femminile accompagnata da un flauto, che canta in gaelico due versi tratti da una canzone popolare, in cui una donna piange il suo innamorato lontano, in guerra. Nel corso del brano si accende un’accesa ballata folk, che suona quasi come un inno alla vita in grado di trasportarvi direttamente in Irlanda, e di farvi innamorare di lei. La pioggia è un po’ come la musica dell’Irlanda. Basta ascoltarla bene, e si sente tutto, e i giorni di pioggia si rivelano più belli dei giorni di sole.
Je veux di Zaz. Brano jazz manouche, che trasmette una grande carica e una grande vitalità. Il brano parla di una ragazza a cui non interessano il denaro e i privilegi, ma la felicità e l’amore; ciò la porta a voler essere il più possibile integra e sincera, amandosi per ciò che è e rifiutando gli stereotipi e l’ipocrisia. “Io voglio dell'amore, della gioia, del buon umore\Non saranno i vostri soldi a rendermi felice\Io voglio morire con la mano sul cuore\andiamo insieme, a cercare la libertà\dimenticate tutti i vostri clichés (stereotipi)\Benvenuti nella mia realtà.
Wake me up di Avicii è un mix tra musica country e musica Dance\elettronica. È una di quelle canzoni che ti entra dentro, che ti riempie e ti fa sentire felice, perché quando la ascolti ti sembra di non poter desiderare di avere di più di quel che già hai. Il brano racconta qualcosa che a tutti noi è capitato o capiterà di provare: La sensazione che sia il momento di compiere una scelta, di decidere che cosa fare, quale posto occupare nel mondo. “Dicono che io sia preso in un sogno”. “Vorrei poter rimanere per sempre così giovane\ Senza paura di chiudere gli occhi”. L’autore sa quando inizia il suo viaggio, ma non sa quando finirà. “Svegliatemi quando sarà tutto finito”, chiede, “Quando sarò più vecchio e più saggio”.
Tu sei pazzo mica Van Gogh di Caparezza. È una canzone dal testo estremamente interessante, che dimostra come la realtà dipenda dai punti di vista. Voi pensate che Van Gogh fosse fuori di senno? Sono molti quelli che non sanno neppure il nome di un quadro di Van Gogh, ma a questa domanda risponderebbero di si, senza esitazioni. Be’, qui la situazione viene capovolta. “OK, Van Gogh mangiava tubi di colore ed altre cose assurde\Probabilmente meno tossiche del tuo cheeseburger”, recita il testo, “Tu in fissa con i cellulari\Lui coi girasoli\Girare con te è un po' come quando si gira soli\Colpo di mano cambia il vento come a rubamazzo\C'è una novità, ragazzo\Tu non sei più sano\Tu sei pazzo\Mica Van Gogh”.
La Stazione dei Ricordi di Ultimo è una poesia recitata con espressività su uno sfondo musicale, per così dire, anche se la musica non ha un ruolo di secondo piano. In questo brano, è come se l’autore riversasse tutta la sua storia, tutti i suoi pensieri, quasi un po’ alla rinfusa e in modo, per certi versi, ermetico. È impossibile non identificarsi in qualche parola della canzone. “Noi siamo quelli senza scuse col passato in fiamme\Quelli che parlano con tutti ma non è niente di importante… Non chiedermi niente, questa sera si sta bene\Porta un po' dei tuoi ricordi e dopo mescolali insieme… Avevo voglia di cantare ma solo ciò che avevo dentro\Sento, che tanto più mi sento vuoto e tanto più mi riempio dentro”.
Concludo con una domanda: la musica è infinita? In fondo non è vincolata da un corpo, quindi potrebbe essere, anche questa volta, valido il paragone con un’equazione indeterminata. Chi saprebbe rispondere con certezza alla domanda: “quanto è grande la musica?”. Forse si tratta di un interrogativo ridicolo, perché la musica non è né grande né piccola. Forse, semplicemente, è infinita: non esiste un limite di note da suonare, o di elementi da aggiungere, e la musica può essere fatta con qualsiasi cosa, con tutto ciò che abbiamo intorno e con tutto quello che dobbiamo ancora inventare.
Beatrice Trottolini 1M
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