Natale è alle porte, e al seguito del suo rapido avvicinarsi trova posto una considerazione sulla natura stessa di questa festività. Tralasciando i significati storici e religiosi ma anche quelli commerciali del Natale, cosa resta? Le origini e il vero significato del Natale sono sulla via dell’oblio; la festa, sempre più simile a una stagione a parte. Ci rendiamo ormai più conto di cosa esso sia? Le sue radici lentamente dimenticate, una tradizione consolidata che ormai si dà per scontata.
Eppure, questa nuova forma che il Natale si avvia ad assumere non è la fine del suo significato, ma può risultare una sua rivitalizzazione. Non più formula cristallizzata, ma opportunità per una riflessione. Opportunità per congedare i valori correnti, che non rappresentano né passato né futuro: il regalo, inteso come gesto meccanico, etichetta da seguire, gli auguri vuoti dettati da una convenzione, ripetuti come versi di una filastrocca.
Il Natale è un periodo in cui ognuno dovrebbe convincersi ad esserci. Esserci veramente, essere non in se stessi per se stessi, ma aprirsi agli altri, superando la propria persona; interpretare questo spirito di apertura attivamente, non passivamente, non solo riflettendo l’altruismo di chi ci circonda, ma assimilandolo e donando il nostro agli altri.
Un'opportunità, dunque, per destarci dall’indifferenza, per essere generosi di sé, e anche un periodo di prova, che dovrebbe assumere il ruolo di modello per l’anno che verrà.
Niccolò Cossu 4G
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