Esercito russo dispiegato, dialoghi tesi tra Biden e Putin, rischio di guerra: ogni giorno siamo bombardati di notizie dal fronte europeo orientale, ma probabilmente non sappiamo neanche cosa stia accadendo o per cosa si arriverà all'eventuale conflitto.
La storia ha inizio tra il 2013 è il 2014, periodo nel quale numerosi cittadini ucraini uniti a gruppi violenti di stampo neonazista manifestarono in piazza contro l'operato dell'allora presidente ucraino, la cui politica era considerata vistosamente filorussa, Viktor Yanukovych, che aveva rifiutato di firmare un accordo che associasse l'Ucraina all'Europa, in favore di un acquisto di titoli dal valore complessivo di 15 miliardi di euro, offerti dal presidente russo Putin. Le proteste infiammarono tutto il paese e quello fu il momento in cui la nazione si avvicinò di più all'Unione Europea; tuttavia, sfortunatamente, le proteste furono represse nel sangue e questi avvenimenti passarono alla storia con il nome di “Euromaidan”.
Contemporaneamente si delineava la crisi in Crimea e in Donbass: la Crimea, penisola situata a sud dell'Ucraina, è stata di fatto annessa ai territori russi in seguito a un referendum popolare, che tuttavia non è stato riconosciuto da ONU e NATO per sospetto di brogli.
Il Donbass, diviso negli oblast (regioni) di Luhans’k e Donetsk, è il territorio ucraino più economicamente sviluppato e che con i suoi giacimenti di carbone e gas traina l’economia della nazione.
Qui, nei primi mesi del 2014 si sono susseguite numerose occupazioni da parte di protestanti indipendentisti, fino a quando il 12 Maggio dello stesso anno il capo della milizia popolare del Donbass, Igor Girkin, si è autoproclamato comandante supremo della Repubblica Popolare di Donetsk. Una cosa analoga successe nell’oblast di Luhans'k, nel quale venne eletto governatore Valerij Bolotov.
Dunque, dopo aver dato uno sguardo generale agli accadimenti principali dello scorso decennio, analizziamo il momento che sta tenendo il mondo con il fiato sospeso: i possibili attacchi russi in Ucraina. Il punto di partenza è la volontà ucraina di entrare nella NATO, cosa che chiaramente è malvista dai Sovietici, in quanto la Russia ha già perso praticamente tutti gli Stati cuscinetto che le davano una certa sicurezza contro gli Americani. Inoltre, un simile scivolamento geopolitico potrebbe compromettere quei vantaggi economici correlati con le importantissime riserve di materie prime dell’Ucraina.
La situazione pertanto è molto complessa: la popolazione Ucraina è impaurita e i governi stessi minacciano il conflitto quasi quotidianamente, ma la Russia può permettersi veramente un conflitto?
Innanzi tutto occorre considerare che la Russia in questo momento è in grande difficoltà e per impedire l’ingresso nella NATO dell’Ucraina ha creato gravi attriti diplomatici, oltre che perdere la partita del controllo dell’economia ucraina, nonostante abbia tentato a questo fine la corruzione di oligarchi ucraini ed abbia armato i ribelli del Donbass. Questo fallimento ha condotto allo schieramento dell’esercito al confine, azione per la quale sorge spontanea la domanda: è una mossa estrema data dall’assenza di alternative, o esprime una effettiva volontà di invasione?
Probabilmente è plausibile la prima ipotesi, considerando che le truppe sono ferme al confine da circa un mese, mentre se si volesse attaccare lo si farebbe rapidamente, lasciando perdere le varie esercitazioni e lo sfoggio di carri armati.
Se invece la Russia avesse deciso l’imminente assedio, questo sarebbe assolutamente possibile sebbene molto oneroso.
La Russia attualmente spende circa il 10% del PIL nel proprio esercito, spesa assolutamente enorme, ma attaccare l’Ucraina comporterebbe un impegno economico che potrebbe portarla al tracollo economico, senza contare il fatto che servirebbero ancora più risorse per mantenere il controllo del territorio ucraino dopo un’ipotetica occupazione.
Ma, eccezion fatta per gli oligarchi russi, nel paese di Putin i cittadini vivono nell’assoluta povertà.
Oltre a queste prevedibili e gigantesche spese, la Russia potrebbe andare incontro a un’altra complicazione della situazione economica dovuta al risarcimento per la violazione di accordi internazionali, che l’ONU sicuramente richiederebbe e che potrebbe sfociare anche nell’esclusione russa dai mercati mondiali.
Questi dati e queste constatazioni però, per quanto rassicuranti possano essere, non possono essere interpretate come l’assoluta certezza di un non-attacco. La possibilità di un conflitto è presente ed è anche più concreta rispetto a qualche giorno fa, ma ancora non sappiamo nulla e ci resta solo da guardare e informarci il più possibile, evitando allo stesso tempo di prendere ogni maxi-titolo dei giornali come l’assoluta verità.
Per noi Italiani questo conflitto potrebbe avere conseguenze importanti, soprattutto perchè la maggior parte del gas che utilizziamo è di provenienza russa, e, inoltre, a differenza di tutti gli altri paesi dell’Europa occidentale, non abbiamo un vero piano alternativo per quanto riguarda le risorse energetiche.
Francesco Conti, 3G
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