Excursus sugli orti urbani/periurbani dalle origini al XXI secolo a cura di Grandi Giardini Italiani
L’Orto dell’Infinito, oggi uno dei beni del FAI, sulla cima del colle Ermo a Recanati, segue un percorso ottagonale tracciato da pergole di ferro dove sono tornati ad arrampicarsi viti (Vitis Rupestris), rose e gelsomini (Ryncospermum Jasmoinoides).
Tra macchie di nepitella e pelargoni aromatici, Leopardi, solito passeggiare nell’orto dietro la residenza di famiglia, compose “L’Infinito”, affacciato dalla muraglia sull’anfiteatro naturale dei Sibillini.
L’Orto dell’Infinito è stato al centro dell’incontro con l’architetto del paesaggio Franco Panzini insieme alle diverse funzioni e fortune che gli orti urbani hanno avuto nel corso dei secoli.
L’EPOCA D’ORO DEGLI ORTI URBANI – LA FUNZIONE ALIMENTARE
Gli orti urbani nascono con le città, per garantire il passaggio rapido dei deperibili dal produttore al consumatore.
In assenza dei frigoriferi i deperibili…deperivano rapidamente! Essiccazione e conserva, prima sotto miele e poi sotto zucchero, erano poco adatti alla conservazione delle caratteristiche organolettiche e nutritive di frutta e verdura.
Nel 1820 Pasteur perfeziona la chiusura stagna alimentare con la pastorizzazione per bollitura e apre la strada alla conservazione in latta, con l’Italia capofila per i pelati solo 30 anni dopo. Refrigerazione e ferrovie trasportano i prodotti agricoli dalla costa ovest alle grandi città americane della costa est in una settimana. E prima?
Risalgono al V secolo gli “Yedikule”, la corona di orti intorno alle mura bizantine di Teodosio che riforniva di verdure fresche la capitale dell’Impero Romano d’Oriente, oggi minacciata dal cemento della nuova Istanbul.
Nel Medioevo l’orto è urbano o periurbano se si trova nel territorio non edificato ai piedi delle mura per scopi difensivi. Alcuni toponimi di luogo, come “Via degli Orti”, presenti anche nella nostra città, attestano l’antica disposizione delle case perimetrali collegate da un ponticello ai fazzoletti di terra coltivati sulle mura.
Nelle città lagunari l’orticultura urbana si sviluppa su isolette dedicate solo alla coltivazione. Gli spagnoli, pur conoscendo Venezia, si stupiscono dello sviluppatissimo sistema di coltivazione della megalopoli azteca Tenochtitlan.
Le Universitas Pomariorum, che oggi chiameremmo associazioni di categoria dei fruttaroli, arricchitesi attraverso il controllo degli orti urbani, commissionano la cinquecentesca Chiesa di Santa Maria dell’Orto a Trastevere, decorata da stucchi di festoni non floreali, ma orticoli!
L’INDUSTRIALIZZAZIONE - LA FUNZIONE SOCIALE
Gli orti urbani non scompaiono nell’ambiente cittadino degradato, sostengono le poverissime fasce di popolazione inurbata durante il processo di trasformazione economica e produttiva in Inghilterra, in Francia e poi in Italia.
Roma capitale nel 1861 conta 350 mila abitanti contro 3 milioni di Londra, allora la città più grande del mondo, a scapito di un ambiente naturale devastato e terribili condizioni igieniche legate all’inurbamento (morì di tifo anche il consorte della regina Vittoria).
Fioriscono associazioni, come la francese Lega del Focolare, per l’assegnazione di piccoli terreni al proletariato e l’enciclica di Leone XIII “De rerum novarum” avvia la riflessione sul degrado sociale connesso al capitalismo.
LA RIEDIFICAZIONE NOVECENTESCA - LA FUNZIONE IGIENISTA
Nella pianificazione urbanistica occidentale dei primi del ‘900 si tiene conto degli orti urbani per le famiglie operaie come risposta igienista al degrado dei contesti cittadini del secolo precedente (quartieri malsani, assenza di fogne...).
Emergono e si radicano connotazioni di sanità fisica e psicologica per la vita attiva all’aperto e per la cura delle piante.
GLI ORTI DI GUERRA
Meritano di essere menzionati gli orti di guerra, infatti, quando le fanterie spopolano le campagne, le città si popolano di orti di guerra riconvertendo a questa funzione anche i giardini pubblici. I cine-giornali anglosassoni del tempo spiegano nel dettaglio come prendersi cura delle piante e far…fruttare l’orto!
Le élite americane identificano l’orto urbano con i roof-garden degli eleganti hotel, mentre la grande produzione alimentare, insidiata dagli U-boat tedeschi, attraversa l’Atlantico per sfamare Londra. La città è tappezzata dai manifesti della campagna “Dig for victory”. Una doppia mano maschile spinge una vanga in terra per sollecitare la popolazione; alcune foto documentano la giovane Elisabetta con la sorella Margareth al lavoro nei giardini reali.
In Italia è del 1943 la legge sugli orti urbani, i cine-giornali Luce mostrano coltivazioni con il Duomo di Milano e il Colosseo sullo sfondo e la raccolta delle patate svolta da fanciulle con nastri nei capelli e zeppe alte di sughero (appena inventate da Ferragamo).
Dopo la guerra, gli orti urbani, considerati segno di povertà perchè identificati con le traversie del periodo di guerra, cadono nell’oblio, mentre cambiano le modalità di distribuzione e arrivano i grandi magazzini.
LA CONSAPEVOLEZZA DEI PERICOLI AMBIENTALI
Nei primi anni ‘60 viene pubblicato in America il libro “Silent spring”, una denuncia sull’uso smodato di insetticidi che distruggno anche gli insetti utili e fanno ammalare l’uomo. Nasce un movimento contro l’abuso di DDT (inventato per contenere gli insetti nocivi in agricoltura e poi usato nella campagna mondiale contro la zanzara anofele portatrice di malaria) e lo strapotere delle industrie chimiche. Nel ‘62 il neoeletto presidente Kennedy istituisce una commissione di inchiesta sul DDT che in seguito viene proibito; dieci anni dopo, anche in Italia e sugli orti urbani del mondo occidentale cala la consapevolezza dei pericoli dell’inquinamento ambientale.
I NOSTRI GIORNI – GLI ORTI POLIFUNZIONE
Oggi convivono molteplici forme di orto urbano e di sue funzionalità. Secondo un’indagine di Coldiretti, l’orto non è più esclusivo appannaggio del nonno: nelle città una persona su quattro tra i 30 e i 50 anni coltiva in balcone o in micro-orticelli.
Per esempio, coesistono orti stellati a km 0 e molto “social” di chef altrettanto stellati, e orti abusivi di immigrati. Ritagliati nei luoghi più insoliti delle grandi città, come le fasce di rispetto delle ferrovie, svolgono anche una funzione inclusiva per categorie deboli e a rischio di emarginazione sociale.
Ci sono anche orti scolastici, come quelli dei campus universitari statunitensi, che puntano a una funzione educativa contro il dilagare del junk food.
Fantastico pensare che in orbita, a 400 km sopra la nostra testa, nella ISS, si stiano coltivando ravanelli per comprendere se in assenza di peso mantengano le loro qualità nutritive e le conservino nel tempo in caso di lunghi viaggi senza rifornimenti. Sono già state testate nell’apposita macchina chiamata Veggie, una specie di lavatrice aperta e trasparente, lattughe romane e lenticchie.
Possiamo quindi essere certi che l’umanità continuerà a praticare l’orticultura ancora per lungo tempo, probabilmente facendone specchio dei tempi.
Comments