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EUTANASIA: QUANDO LA MORTE NON FA PIÙ PAURA


L'eutanasia è ancora considerato un taboo per molte persone per via di conflitti etici, morali e ideologici; ma forse non tutti sanno di cosa si tratti esattamente. Innanzitutto è bene capire cosa effettivamente significhi “eutanasia”: si intende l’atto intenzionale di porre fine alla vita di una persona per sopprimere sofferenze insopportabili, solitamente dovute a una malattia terminale o di una condizione irreversibile. Bisogna però fare un'ulteriore distinzione, poiché esistono diverse forme di eutanasia: quella attiva diretta, quella attiva indiretta e quella passiva. La prima è illegale ovunque, , poiché viene considerata un vero e proprio omicidio; consiste nella somministrazione di un’iniezione letale al paziente per mano di un medico. La seconda è proibita nel nostro paese, ma viene permessa in Svizzera:  utilizzando farmaci come il Pentobarbital in quantità elevate si induce uno stato di incoscienza con conseguente arresto cardiaco. L’eutanasia passiva, infine, è l’interruzione dell’assunzione dei farmaci o il semplice rifiuto di sottoporsi alle cure da parte del paziente. In seguito alla sentenza Cappato-Dj Fabo del 2019, nella quale veniva riconosciuto il diritto al Dj di porre fine alla sua vita in Svizzera, la pratica dell’eutanasia passiva è stata in un certo senso sdoganata con l’appoggio della Corte Suprema, che ha lasciato le Aziende sanitarie regionali libere di decidere in semi autonomia come trattare questo genere di situazioni. Recentemente l’Emilia Romagna ha fornito alla propria Asl delle linee guida per quanto concerne il suicidio assistito, anche se di fatto non si tratta di una vera e propria legge ma di una delibera della giunta regionale, che quindi può essere ritirata in ogni momento.  In primo luogo il richiedente dovrà presentare una domanda alla Asl; entro 42 giorni la sua domanda verrà esaminata da un una commissione di valutazione di Area Vasta, che si dovrà accertare delle condizioni del paziente e verificare se esistono metodi alternativi alla cessazione volontaria della vita. Inoltre è stato istituito il Corec (Comitato regionale per l’etica clinica), che avrà il compito di valutare i singoli casi, con particolare attenzione per quelli con conflitto di volontà (per esempio tra quella del paziente e quella dei familiari). Purtroppo, essendo una pratica non tutelata dall’ordinamento giuridico internazionale  si genera confusione e smarrimento nei pazienti che si trovano di fronte ad una scelta così ardua. Potrà questa piccola novità apportata dalla regione emiliana portare ad una legge unitaria valevole su tutto il territorio nazionale?


Ludovica Mascetti 4M


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