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FUKUSHIMA: STORIA DI UN DISASTRO ANNUNCIABILE


Era l' 11 marzo del 2011, quando in Giappone si registrò un terremoto di magnitudo 9.0 nella scala Richter, con epicentro in mare. I giapponesi rimasero tranquilli: in questo paese sono molto frequenti i terremoti e le persone sono preparate ad affrontarli. Ma ad essere sfuggita, stavolta, era la possibilità, di lì a poco verificatasi, di un grave incidente collegato con il fenomeno tettonico: l’esplosione della centrale nucleare di Fukushima Daiichi, contenente sei reattori nucleari di tipo BWR (Boiling Water Reactor).

Prima di proseguire capiamo come era fatto un reattore della centrale nucleare di Fukushima. Esso era costituito da un nocciolo a sua volta composto da barre di combustibile nucleare; la sua funzione era quella di produrre energia mediante un processo chimico-fisico-nucleare, detto “fissione nucleare”, che portava l'acqua in ebollizione, producendo vapore che poi era condotto a delle turbine che venivano messe in movimento producendo elettricità. Il vapore successivamente ricondensato tornava nel reattore. Alla fine del processo un carroponte prelevava il combustibile esausto dal reattore e lo spostava nella piscina adiacente. Durante queste operazioni, i due locali (quello del reattore e quello della piscina) venivano completamente allagati e dunque il trasferimento delle barre avveniva sott'acqua, attraverso un portellone comune che si apriva o si chiudeva. Mantenere il combustibile sempre isolato dall'ambiente e refrigerato in ogni sua fase era molto importante per una questione di sicurezza. Questo avveniva tramite diverse barriere di contenimento: la prima era il rivestimento in ferro del reattore, la seconda, un ulteriore rivestimento in acciaio, la terza era una robusta struttura in cemento armato, l'ultima barriera era la struttura del reattore.





Al momento del disastro erano in funzione solo i reattori 1,2,3,5,6; mentre nel reattore 4 si stava eseguendo il cambio del combustibile esausto. Con la centrale completamente isolata a causa del terremoto che aveva fatto cadere i tralicci dell'alta tensione, entrarono in funzione i generatori diesel assicurando elettricità ai sistemi di raffreddamento. Un’ ora dopo il terremoto, uno tsunami di 14 m si abbatté sulla centrale le cui uniche difese erano delle barriere che potevano proteggere la centrale per una altezza di 6 m. L'acqua si infiltrò nei seminterrati dove morirono annegati 2 operai. Inoltre, qui erano alloggiati i generatori diesel, che vennero irrimediabilmente danneggiati. Dunque, la centrale era priva di qualsiasi sistema di sicurezza. Non si sapeva cosa stesse succedendo all'interno dei reattori, in quanto, senza corrente, gli indicatori nella sala controllo erano fuori uso. Parzialmente ripristinata con sistemi di fortuna, la corrente era sufficiente a far funzionare gli indicatori, ma presto si rivelò il peggiore degli scenari: tre dei cinque reattori funzionanti rischiavano di esplodere a causa dell'elevata pressione dovuta alle alte temperature generatesi. L'unico modo per evitare l'esplosione era il rilascio di gas radioattivo contenuto nei reattori, abbassando così la pressione. Tuttavia, per procedere con questa operazione, erano necessarie due condizioni. La prima era il permesso del Primo Ministro Naoto Kan che acconsentì, mentre, per la seconda condizione, si trattava di sacrificare una squadra di operai che doveva aprire le valvole manualmente, dal momento che farlo automaticamente era impossibile in assenza di elettricità. Il 12 marzo 2011 veniva rilasciato in maniera controllata gas radioattivo, ma alle 15:46 l'edificio del reattore 1 esplose. Esso esternamente appariva intatto poiché a esplodere era stata solo la sua sommità. Il giorno successivo all'esplosione, per raffreddare i reattori si ricorse all'acqua di mare che, però , avrebbe corroso i reattori. A prendere questa decisione fu Masao Yoshida, direttore della centrale, andando contro al parere dei dirigenti della TEPCO (società proprietaria della centrale), i quali ordinavano di cessare il pompaggio di acqua marina, preoccupati di salvare i reattori dalla corrosione causata dal sale. I noccioli dei reattori 1,2,3 furono in effetti gravemente danneggiati, ma con questa decisione Masao Yoshida è riuscito a salvare il Giappone. A questo punto rimaneva il problema del reattore n. 3 che rischiava di esplodere: sul posto venne mandata una squadra di pompieri ad arginare la situazione, ma costoro non fecero nemmeno in tempo ad agire che l’edificio esplose. Anche qui non esplose il reattore ma la sommità dell’edificio e, come per il caso del reattore 1, questa esplosione danneggiò anche il vicino reattore 4. Il 14 marzo 2011 esplose l'edificio del reattore 2 e, come per i reattori 1 e 3, a prima vista non vi erano stati danni alla struttura esterna, mentre di evidenti ce ne erano stati all’interno: la base del reattore era danneggiata gravemente e qui l’acqua allagò completamente i condotti sotterranei. In tutti e 3 i reattori le dinamiche delle esplosioni erano le stesse, ovvero che le barre di combustibile contenute all’interno si surriscaldarono fino a fondersi (meltdown), facendo evaporare l'acqua rimasta e formando idrogeno, un gas altamente infiammabile. Questo, tramite le falle causate dal terremoto, si diffuse all’interno della struttura accumulandosi verso il tetto e qui, reagendo con l’ossigeno, esplose. Ma non dimentichiamoci del reattore 4, il più pericoloso. Quando era avvenuto il blackout, si stava effettuando la sostituzione del combustibile esausto dal reattore alla piscina. Naturalmente i due ambienti dovevano essere completamente allagati, in modo che ci fosse lo stesso livello d'acqua. Quindi, da una parte c’era il reattore vuoto e dall'altra la piscina con le barre incandescenti che mandarono in ebollizione l'acqua. A questo punto si sarebbe causato l'ennesimo meltdown, ma i danni sarebbero stati disastrosi in quanto questo processo sarebbe avvenuto a cielo aperto. Tuttavia non andò così, infatti, il portellone che separava il reattore dalla piscina, a causa dell'elevata pressione, cedette e così facendo l'acqua del reattore si riversò nella piscina del combustibile raffreddandolo. Evitando un disastro.


Filippo Falcinelli 2I


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