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I mostri

Cosa vedi quando pensi a un mostro? T’immagini delle fauci che ti divorano da dentro, degli artigli che ti agguantano senza pietà, occhi pieni di rabbia che ti scrutano, oscuri presagi che ti inseguono senza tregua?

Queste possono essere le figure che il mostro porta con sé. Quando pensi a un mostro, pensi a qualcosa da cui scappare, perché non potrà farti altro che male. Infatti il mostro nasce come personificazione del male, della frode, oppure di una paura irrazionale, paura di ciò che non conosciamo. 

I mostri sono presenti ovunque: nella letteratura sono sempre gli antagonisti che ostacolano le imprese dell’eroe (che al contrario è un modello di nobiltà). Nei testi più antichi il mostro o nasceva come tale o veniva trasformato per capriccio o giudizio dalle divinità; nella letteratura contemporanea la figura del mostro è soggetta ad un maggiore approfondimento psicologico, e spesso si racconta l’evoluzione del personaggio. In alcuni testi si mette in discussione anche il tipico ruolo del mostro; ma nella grande maggioranza delle storie e nella mentalità collettiva continua ad essere considerato la figura negativa per eccellenza. 

Dal punto di vista estetico, il mostro viene descritto con tratti che vogliono provocare disgusto o paura: spesso si tratta di deformazioni di quelli umani o di un’accentuazione di quelli animali; altre volte il suo aspetto è lasciato nell’ombra con una vaga descrizione, per suscitare suspence ed incertezza. 

 La figura del mostro è costruita in modo che l’apparenza coincida con la verità: è un concetto semplice; ai mostri non viene concesso il beneficio del dubbio: devono avere una certa apparenza, che li identifica immediatamente. Le fauci, gli artigli, il buio... e subito la nostra mente vi associa il male,  il peggio; viceversa, appena si pensa a un mostro, ci si figura un aspetto fisico e un’atmosfera infernali e minacciosi. Con questa corrispondenza, può diventare facile dare un volto a ciò che è esemplare e a ciò che è da biasimare, oppure ciò che è morale da ciò che è immorale, ciò che è normale da ciò che è diverso; chi siamo noi e chi sono gli altri.

A volte possiamo familiarizzare con la figura del mostro, perché egli è allo stesso tempo vittima e colpevole, condannato ad essere inevitabilmente ciò per cui è stato creato o pensato, senza speranza di salvezza e raramente di pietà; tutte le volte che ci siamo sentiti in trappola, che siamo rimasti in silenzio a pensare agli errori che abbiamo commesso; quel senso di colpa indistinto che abbiamo provato, forse proprio come accade al mostro, e quella contraddizione che nasce dentro di noi quando sentiamo di non voler più essere quello che siamo, o chi ci si aspetta che diventiamo. Chissà quanti di voi, almeno una volta, si sono sentiti dei mostri.


I mostri sono arrivati insieme agli uomini e se ne andranno alla loro morte. Siamo abituati a pensare che il mondo dei mostri sia quasi opposto a quello degli uomini; ma il mostro non è un nemico esterno che viene per farci del male. In realtà, è proprio l’uomo: è l’uomo che ha creato mostri dove non ce n’erano, inizialmente in risposta all’ignoto. Anche se ci ostiniamo a figurarci i mostri con tratti bestiali, gli animali non hanno niente di mostruoso: gli animali non sono crudeli, perché uccidono per sopravvivere; l’uomo invece sì, quando distrugge tutto ciò che trova sul suo cammino, oppure quando uccide con la stessa indifferenza con cui distoglie lo sguardo.

Agnese Kapllani 3I e Beatrice Trottolini 3L 

Disegno di Agnese Kapllani 3I



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