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I PARADOSSI: UNA DELLE POCHE CERTEZZE DELLA NOSTRA ESISTENZA


Vi è mai capitato di porvi una domanda e non sapervi dare una risposta? Questo significa o che non avete studiato abbastanza, o che si tratta di un paradosso. Nella nostra vita incontriamo una moltitudine di paradossi, gli unici di cui siamo consapevoli però, sono quelli che studiamo a scuola. Capire il significato di questo termine potrà aiutarci ad avere le idee più chiare.


Il paradosso è un'affermazione in apparenza sensata, che giunge a conclusioni contraddittorie o contrarie all’esperienza comune, e che dunque risulta poi assurda. Queste proposizioni fungono da potente stimolo per la riflessione dato che rivelano l’inadeguatezza degli strumenti di ragionamento. È stato così che paradossi basati su concetti apparentemente semplici hanno spesso portato a grandi scoperte scientifiche. Altre volte invece, si sono individuati i motivi che rendevano ingannevoli le loro premesse.


Esistono molti paradossi passati alla storia e tra i più famosi ci sono: il paradosso del barbiere, di Achille e la tartaruga, del gatto di Schrödinger, di Fermi e del mentitore.


Il paradosso del barbiere è stato formulato dal filosofo Bertrand Russell. In un villaggio è presente un unico barbiere, sempre ben sbarbato e curato, il quale si prende l'incarico di rasare tutti e solo gli uomini che non si radono da soli, ma allora chi si occupa della rasatura del barbiere?


Il paradosso di Achille e la tartaruga è probabilmente quello più conosciuto e venne formulato da Zenone di Elea nel V secolo a.C. per dimostrare che il movimento è solo un’illusione. Il “piè veloce” Achille viene sfidato a raggiungere nella corsa una tartaruga, alla quale è stato però concesso un vantaggio iniziale. Nel tempo che Achille impiegherà per raggiungere il punto in cui inizialmente si trovava la tartaruga, quest’ultima avrà comunque percorso un piccolo tratto. Quando Achille avrà percorso questo piccolo tratto, la tartaruga sarà ulteriormente avanzata. Procedendo così all'infinito, ne consegue che Achille non raggiungerà mai la tartaruga, perché dovrà percorrere gli infiniti spazi che colmano la distanza tra i due corridori.


Come dice il nome, il paradosso del gatto di Schrödinger venne proposto dal fisico Erwin Schrödinger per dimostrare la debolezza dell’interpretazione di Copenaghen della teoria quantistica. Bisogna dunque immaginare una scatola con un gatto all’interno, del materiale radioattivo, un contatore Geiger, e una fiala di cianuro. Il materiale radioattivo potrebbe emettere nel giro di un’ora una particella alfa e, se lo facesse, il contatore Geiger lo rileverebbe azionando un martello, che romperebbe la fiala di cianuro, uccidendo il gatto. Il problema è che non sappiamo se il materiale radioattivo decade emettendo la particella alfa finché non apriamo la scatola per scoprire se l’animale è ancora vivo. Tutto ciò può accadere, ma può anche non accadere. Dato che la teoria quantistica sostiene che finché non verrà effettuata l’osservazione l’atomo si troverà in uno stato di indeterminazione, la stessa cosa si può dire per il gatto finché non apriremo la scatola.


Il paradosso di Fermi fu ideato dal fisico Enrico Fermi per valutare la possibilità del contatto con gli alieni. Se davvero l’universo è così grande, con altri miliardi di pianeti come la Terra, e se su di essi vivono civiltà come la nostra, perché ancora non ci siamo incontrati? Siamo soli oppure no?


Il paradosso del mentitore comprende diverse versioni, ma la più antica è considerata quella di Epimenide “Tutti i cretesi sono bugiardi”. Il filosofo era però originario di Creta, dunque anche ciò che ha affermato sarebbe dovuto essere falso.


Solitamente ci soffermiamo solo su questi paradossi senza accorgerci di essere circondati da molti altri. Basti pensare alla condizione dell’uomo secondo Pascal. L’essere umano si trova in una posizione mediana tra l’infinitamente grande e l’infinitamente piccolo, e questo riguarda anche l’ordine conoscitivo e pratico, poiché l’uomo, seppur aspirando ad una conoscenza totale, si trova in uno stato intermedio tra un’ignoranza assoluta e una sapienza assoluta. La stessa posizione lo caratterizza in relazione alla felicità, che non riesce a trovare mai completamente, per questo viene definito da Pascal come “desiderio frustrato”. Questa condizione si trasforma allora in paradosso, dato che l’uomo, nonostante l’impossibilità di appagare il suo desiderio di conoscere tutto, riesce comunque a compiere azioni grandiose attraverso le poche conoscenze che possiede, e a distinguersi come unico essere con la facoltà di pensiero. Un altro paradosso consiste nel meccanismo di difesa della proiezione, descritto per la prima volta dallo psicoanalista Sigmund Freud, con cui il soggetto attribuisce ad altri alcuni desideri e aspetti che rifiuta di riconoscere in se stesso, e che nell’altro infastidiscono; talvolta questo meccanismo di difesa può essere manifestazione di disturbi paranoici. Freud però più di una volta tornerà a sottolineare il carattere usuale della proiezione come difesa di origine arcaica che è in azione in modi di pensiero comuni, come ad esempio nella superstizione o nelle fobie. Questa impostazione viene proposta dallo psicoanalista nell’articolo “Nuove osservazioni sulle neuropsicosi da difesa”, del 1896, in cui precisa la propria teoria in senso economico, e cioè come una manifestazione contro le eccitazioni interne che sono troppo spiacevoli a causa della loro intensità: il soggetto, dunque, inizierà a proiettarle all’esterno, riuscendo a fuggire e proteggersi da esse.

L’ultimo paradosso, probabilmente sperimentato da tutti, consiste nel fatto che l’uomo, per avere una vita più facile, debba inevitabilmente impegnarsi e affrontare il difficile.


Giulia Piselli 4°H


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