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IL NATALE DELLA GUERRA



Il Natale è sempre più vicino, con luci che illuminano le strade, un clima pungente e lo spirito di allegria e pace tipico delle feste che aleggia nell’aria…. ma è davvero così?


Da una rapida occhiata alle pagine di un giornale, tra articoli di ricette natalizie, regali fatti in casa e tradizioni di ogni tipo, saltano all’occhio le notizie un po’ meno allegre, che ci ricordano che, anche se nella maggior parte del mondo ci si prepara a celebrare il Natale, molte persone non avranno questa fortuna.


Il Natale viene oggi da molti celebrato come una festa per stare in famiglia e scambiarsi regali, anche se nasce come celebrazione religiosa della nascita di Gesù.

La tradizione cristiana vuole che tale nascita sia avvenuta a Betlemme, capitale del governatorato di Betlemme, uno dei sedici governatorati della Palestina.

Come ci si può aspettare, la città accoglie ogni anno migliaia di turisti e pellegrini, soprattutto sotto il periodo natalizio, attirati non solo dalla città santa ma anche dai suoi incantevoli addobbi e dalle tipiche bancarelle natalizie. Quest’anno il Natale sarà però sottotono, come richiesto dai capi ecclesiastici della Giordania. 

Le autorità della città di Betlemme hanno infatti stabilito che quest’anno le tradizionali decorazioni di Natale, che di solito addobbano la Basilica della Natività e la piazza a essa antistante, non verranno esposte.


Un portavoce della città ha affermato: “Non è affatto appropriato organizzare festeggiamenti mentre sono in corso massacri e uccisioni a sangue freddo a Gaza, e attacchi in Cisgiordania. Quest’anno la situazione a Betlemme non ha precedenti, e l’atmosfera e le vibrazioni sono estremamente tristi”.


Così, come nel 2022, quando a causa di azioni di terrorismo interno le Chiese optarono per un Natale raccolto, anche  quest’anno non verranno esposte decorazioni o luci, non si terranno mercatini nè ci saranno canti natalizi in giro per le strade.


L’esempio della Palestina non è però l’unico al mondo, quest’anno il Natale non porterà pace neanche in Ucraina. Da più di un anno va avanti il conflitto armato tra Russia e Ucraina che, tra le altre cose, ha portato a uno spacco culturale e sociale ancora più profondo.

In Ucraina l’85% della popolazione segue il Cristianesimo, e di questa la maggior parte è ortodossa, per questo motivo gli ortodossi in Ucraina festeggiano il Natale il 7 gennaio, secondo il calendario giuliano. Nel resto del mondo (anche in molti stati prevalentemente ortodossi) il Natale si festeggia il 25 dicembre a causa della riforma di Gregorio XIII introdotta nel 1582 che cancellava i giorni tra il 5 e il 14 ottobre di quell’anno.

Per allontanarsi ulteriormente dalle tradizioni russe, nel luglio di quest’anno il presidente ucraino Zelensky ha firmato una legge per cambiare la data della celebrazione del Natale al 25 dicembre, adattandosi a quella del mondo cattolico.


In merito a questo cambiamento e in generale alla celebrazione del Natale in Ucraina negli ultimi anni, ho fatto alcune domande a una ragazza Ucraina che a causa della guerra è venuta in Italia.

Sonya è una ragazza di 17 anni con una grande passione per l’atletica, è venuta in Italia con la madre, suo padre “adesso è un soldato che combatte nei punti più caldi dell’Ucraina, ogni giorno corre un enorme pericolo per la sua vita, ma protegge anche tutti noi dal nemico”. Insieme a lui anche il resto della sua famiglia è rimasto in Ucraina.

Fino all’anno scorso, mi dice Sonya, lei e la sua famiglia festeggiavano il Natale il 7 gennaio “sotto l’influenza di una forte propaganda russa”, nonostante ciò “celebriamo il Natale con grande divertimento, come tutta la famiglia.”

Mi ha spiegato poi che “i bambini vanno in case diverse e cantano canzoni ucraine, per le quali ricevono denaro, dolci o piccoli regali”. A proposito di questi canti ha aggiunto che “se un bambino venisse a casa tua e cantasse una canzone ucraina, il tuo anno sarebbe  bello e produttivo.”

Le ho chiesto poi di parlarmi di come lei avesse vissuto il cambiamento della data del Natale di quest'anno. La sua risposta è stata che lei come la maggior parte delle persone in Ucraina ha accolto con piacere e sostenuto la modifica, ha poi aggiunto: “Ho un’unica nonna, è molto ortodossa, appartiene molto alla chiesa, crede nella propaganda russa, per questo festeggerà il Natale il 7 gennaio. La maggioranza degli ucraini è passata al nuovo calendario, la minoranza contunua a  festeggiare il Natale com’era.”

Infine, mi interessava sapere come e quando festeggiano il Natale i suoi amici e parenti che sono rimasti in Ucraina. 

Nonostante il suo italiano non sia ancora perfetto, in poche righe Sonya mi ha dato una risposta non solo completa, ma anche molto toccante e personale.

“Ti dirò una cosa sui miei parenti e amici, o sugli insegnanti di scuola che conosco. Hanno vissuto secondo un calendario diverso per tutta la vita, hanno celebrato le festività in altri giorni e quando è iniziata la guerra ci siamo riuniti tutti, siamo una nazione indomabile e abbiamo deciso che dovevamo disconnetterci dalla propaganda russa e abbiamo firmato una petizione per cambiare ad un altro calendario. I nostri funzionari hanno adottato una legge sul passaggio al nuovo calendario e da quest’anno celebreremo il Natale e le altre festività secondo il calendario gregoriano. Forse per le persone anziane sarà più difficile passare a nuove vacanze, ma per me questo non è un problema.”


Le belle parole di Sonya sono un piccolo esempio di un momento di serenità familiare  durante la guerra. 

Gli esempi di questo tipo non sono molti, ma andando indietro nel tempo c'è quello della tregua di Natale del 1914.Nell’estate di quell’anno in Europa erano iniziati combattimenti sanguinosi  tra due grandi schieramenti: Gran Bretagna, Francia e Russia, contro Germania, Turchia e l’Impero Austro-Ungarico. Con l’ingresso in guerra di Giappone, Italia e Stati Uniti lo scontro diventerà poi la prima vera e propria guerra mondiale. 

Dopo la dura battaglia di Ypres, in Belgio (a fine autunno), le condizioni del terreno costrinsero gli eserciti inglesi e tedeschi a fermarsi. La guerra era dura a tal punto che era diventato comune scambiarsi dei piccoli favori, anche tra nemici.

Nonostante nel dicembre del 1914 fosse stato dato l’ordine di non interrompere i combattimenti, i comandanti dei due eserciti mandarono dei piccoli pacchi regalo tra le trincee e lo schieramento tedesco iniziò addirittura ad addobbare la sua parte di trincea e a cantare canti natalizi. All’alba del giorno dopo, la mattina di Natale, i soldati inglesi si svegliarono con la vista di cartelli dal lato tedesco che dicevano “buona Natale” e “non sparate, noi non spariamo”. Quando dalle linee tedesche si fece avanti un uomo disarmato, la tregua natalizia ebbe definitivamente inizio e i due eserciti si trovarono a parlare e cantare insieme e a scambiarsi regali, cibo, sigarette e altri oggetti.

Il culmine di questa giornata sarebbe una leggendaria partita di calcio tra i soldati inglesi e tedeschi, della quale però si è poco sicuri, anche perché le informazioni relative all’armistizio di Natale vennero censurate a lungo.


Per parlare di “speranza” in tempi più recenti, il 7 dicembre è stato acceso per il 43esimo anno di fila, l’albero di Natale di Gubbio, il più grande al mondo. Quest’anno a premere il pulsante dell’accensione è stata l’organizzazione Rondine Cittadella della Pace, che si occupa da più di venti anni della riduzione dei conflitti armati nel mondo.


Anche se non avrà ripercussioni importanti sui conflitti armati nel mondo, ogni piccolo gesto può avere un grande significato morale e colpire la sensibilità delle persone, ed è quindi importante diffondere e incoraggiare questi gesti.


Sofia Barbanera 4F

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