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IN PRINCIPIO ERA “BEAUTIFUL”



"Beautiful" è un capolavoro assoluto.

Non siete d'accordo? Ebbene, dovrete vedervela con i 300 milioni di spettatori che giornalmente si incollano ai televisori di 100 paesi, tra i quali Botswana, Filippine, Kenya, Sri Lanka e Thailandia, col solo scopo di assaporarne la consistenza e la bellezza; con le decine di casalinghe italiane che da anni, dal lunedì al venerdì, si godono la differita dei due episodi mandati in onda da Mediaset. Non basta a intimorirvi? Allora vi interesserà sapere che grazie ai suoi 35 anni la serie resta, di fatto e di diritto, più resistente di Cristo e di Alessandro Magno, poco meno di Raffaello e molto di più del povero James Dean;e in un solo giorno racimola 750 volte gli ascolti che la sigla di "Lego Ninjago" raccoglie in un mese su Spotify. Non siete ancora sconfitti? Pensate forse che la serie, in quanto soap opera, non abbia alcun valore qualitativo?

Preparatevi a tremare, dunque, perché forse non sapete che "Beautiful", "Bold and Beautiful" (“Audace e bello”) nell'edizione originale, non è stato girato solo negli Stati Uniti, ma ha fatto tappa in Australia, Emirati Arabi Uniti, Danimarca, Francia, Olanda, Messico, Italia e Principato di Monaco. Forse non sapete nemmeno che nell'arco della serie sono stati rappresentati oltre novanta matrimoni, cinque rapimenti e sette processi; che Brooke Logan si è sposata la bellezza di 21 volte in 35 anni, e che in più di un'occasione si è assistito alla resurrezione di personaggi. Un esempio lampante è il ritorno di Taylor, deceduta per ben due volte nell'arco della serie (la prima volta per un colpo di pistola, la seconda a causa di un incidente aereo), e che per ben due volte è stata salvata dal principe marocchino Omar. Espediente narrativo bizzarro, questo, ma evidentemente non abbastanza da destare la preoccupazione degli sceneggiatori: una banda di matti talmente fuori di testa che non solo ha pensato fosse una buona idea usufruirne per una prima volta, ma anche per una seconda; e che poi, compreso che oramai la follia era stata compiuta, ha stabilito di far quadrate il cerchio convolando Taylor a nozze con il principe Omar: una vera genialata tattica, come direbbe Napoleone.

Insomma, Beautiful negli anni è divenuto assurdo, sfrontato; ci ha presentato situazioni incredibili e inciuci dei più astrusi e disparati, si è prodigato nella sostituzione degli attori malamente invecchiati con alcuni più giovani (come nel caso di Taylor, interpretata da Hunter Tylo fino al 2021, e ora, causa rughe, da Krista Allen), con errori di montaggio e di regia di serie Z. Eppure, va riconosciuto, l'abilità con cui i suoi produttori si sono mossi, e tutt'ora si muovono nell'indistricabile matassa che loro stessi hanno intrecciato, è notevole, sublime: da manuale. Tengono a mente l'avanzamento di centinaia di sottotrame, di incesti sfiorati e storie d'amore immotivate e contorte, risultando, seppure a modo loro, competenti; ma che dico? competentissimi! Dei veri maestri nella loro incompresa, difficilissima arte.


Ora mi si chiederà: "Perché dedicare un'introduzione tanto magna e apodittica a una serie che, in fin dei conti, non è che una soap girata col budget di un operaio della rivoluzione industriale?" La risposta è semplice: sono stato così sciocco da pormi la domanda:"Come è iniziato "Beautiful"?" e poi, ostinato come solo i curiosi sanno essere, mi sono volontariamente sorbito i primi due episodi del 1987. Concordo con chi dice che la paura uccide più della spada, ma sono obbligato a far presente, in quanto essere umano buono e fondamentalmente modesto, che anche la curiosità ci mette lo zampino. E allora, armato fino ai denti, mi sono recato su Youtube e ho premuto play. Ho sorretto uno spiedino sopra al palmo manco, e una ciotola di popcorn sopra al destro, pronto più che mai alla fantomatica battaglia. Ho combattuto. Sono rimasto ferito. E poi ho barcollato, finendo con un tonfo al suolo. Ma non è stato tutto vano, perché durante il tenzone ho raccolto informazioni a proposito del mio nemico; e le informazioni, come direbbe Napoleone, sono ciò che fa la differenza in guerra.

Eccovi dunque le mie scoperte belliche, elegantemente sintetizzate in un compendio; anzi un tutorial, più che un compendio - perché si sa che la parola “tutorial” attira più pubblico, e anche che, in quanto sostenitore di un'impresa ardua e rischiosa, ho il diritto di ricorrere al click baiting - di cui le generazioni future mi ringrazieranno. Prendetelo come una sorta di “Arte della guerra” ammodernato; un modo saggio per far fronte alle esigenze degli spettatori più disparati, e spacciarsi così per periti sceneggiatori.


"Come iniziare una soap"


- Miei prodi sceneggiatori, ciò che la prima puntata di Beautiful fa egregiamente è prender spunto dall'Iliade, cimentandosi, proprio come l'opera di Omero, con un inizio in medias res. Però mi raccomando, non è da ripetere l'errore del cieco: non divagate con sproloqui e spiegazioni delle circostanze, né preoccupatevi che l'incipit sia epico; piuttosto, limitatevi a fare di ogni personaggio una riconoscibilissima caricatura, associandogli epiteti quali "affascinante", "bello" o "intraprendente", o caratteristiche fisiche immediate ed evidenti (come nel caso dei fratelli Forrester, uno moro e l'altro biondo). In questo modo, condendo la miscela con uno stuolo di primi piani così vicini al volto degli attori da fargli quasi sbattere la fronte sulla videocamera, anche le vecchiette più sorde e disattente saranno in grado di seguirvi.


- La seconda pepita che si trae fuori dal giacimento dei primi episodi è la tecnica della "dipanazione maggiorata". Cosa significa? Significa che dovete dipanare, separare, sfilacciare ogni discussione, ogni vicenda. C'è un arco narrativo che può essere risolto con una singola linea di dialogo? E voi scrivetene tre! C'è un dialogo che deve avvenire tra quattro personaggi? Perché non far parlare i personaggi a due a due, così da ottenere sei dialoghi diversi, e tutti montabili secondo il minutaggio che più vi aggrada, per giunta. Questo accade durante la seconda e la terza puntata quando una Brooke terrorizzata, fuggita per miracolo da un duo di stupratori, prima racconta la tremenda avventura al fidanzato, intimandogli di tacere con i suoi fratelli; poi, qualche scena più tardi, lo dice al fratello, ma che taccia con la sorella! sorella; quindi ne informa alla sorella, e che non dica nulla ai genitori. Indovinate a chi confesserà il fattaccio, alla fine? Proprio ai suoi genitori. Che originalità, e che buon uso di tempo, soprattutto, dato che a ogni dialogo il racconto è ripetuto con rinnovato vigore e rinnovato accanimento.


- La terza meraviglia del mondo della soap è la trama infinita. Già, perché dovete sapere che l'evento cardine dei primi episodi, quello che via alla vicenda, è l'amore di Ridge (figlio di uno dei più grandi stilisti degli Stati Uniti e vicepresidente dell'azienda di famiglia) per Caroline, una ragazza rimasta orfana di madre e che perciò, secondo una scelta per nulla scontata, è divenuta oggetto della protettività di suo padre. Il padre di Caroline infatti accusa continuamente Ridge di essere un donnaiolo, per cui la figlia all'inizio è piuttosto restia ad avere rapporti intimi con lui. "Io sarò pronta solo per l'uomo che mi sposerà" sostiene la pulzella; ed ecco allora che l'astuto Ridge fa la sua mossa: le chiede la mano senza cognizione di causa, dopo che il padre lo ha formalmente minacciato di fargli del male se non avesse mollato Caroline. Da questa vicenda, della quale non svelo la conclusione, si dipaneranno altre vicende, e da esse ulteriori peripezie, e da quelle peripezie meno rilevanti. Insomma, la cosa affascinante è che la "trama" pare risolversi sempre con ulteriori trame, mantenendo i curiosi con lo sguardo sul televisore, e al contempo, non risolvendo mai assolutamente niente.


- Per aiutarvi a tenere il pubblico incollato al televisore, ecco un altro piccolo suggerimento: chiudete le scene con battute a effetto, o più semplicemente, fate salire di colpo la musica, accompagnandola con un improvviso zoom sul volto dell'oratore. Terrete alta l'attenzione dei telespettatori e li invoglierete a continuare. Non occorre nemmeno che accada qualcosa di consistente; anzi, non occorre che accada niente: è sufficiente che il pubblico pensi di sì. Un esempio lampante di questa tecnica si ritrova alla fine della seconda puntata, quando Ridge rivela ai propri genitori di volersi sposare con Caroline, e lei, saggiamente, gli fa notare:"Sono ansiosa di sapere come reagirà mio padre." Battuta alla quale Ridge risponde con:"E anch'io sono ansioso di vedere come reagirà -pausa d'effetto seguita da un breve sorso di champagne- molto ansioso.” -Musica che salte tenacemente-.

Lo sentite, il potenziale del drama?


- L'ultimo punto da analizzare è quello della retorica. I dialoghi di Beautiful, difatti, sono scritti per essere compresi da tutti: da fan a non fan, da giovani a anziani, da pigri a vivaci, da vivi a morti; e dunque risultano, per loro intrinseca natura, ripetitivi, pesanti. Un personaggio non è mai chiamato col suo nome, ma definito come “Il fratello del padre di X” oppure “la ragazza di Y e la figlia di Z”, così come una situazione non è mai definita solo come una situazione, ma come una concatenazione di conseguenze e emozioni minuziosamente analizzata e spiegata, anche più volte nel corso della stessa scena, e ogni volta -siano lodati i disattenti- in modo meno accattivante e interessante. A conti fatti, hanno impiegato più premura gli sceneggiatori di “Beautiful” a inventarsi decine di sproloqui per spiegare le stesse cose, che gli americani a progettare la fuga degli ostaggi dall’Iran nel ‘79. Secondo gli sceneggiatori è fondamentale che chiunque comprenda ciò di cui si parla, anche se non ha visto tutti gli episodi precedenti -fatto impossibile, dato che le puntate sfornate sono dieci a settimana, e che anche ammesso che si voglia cominciare a recuperarle ora, rimarrebbero da guardare le ottomila antecedenti-. Un dialogo che potrebbe durare un minuto, in questo modo, ne dura cinque, e una situazione che potrebbe risolversi in due parole si risolve di tredici episodi e cinque amori infranti. È o non è questa una soluzione geniale?


In conclusione, i primi episodi di Beautiful raccontano egregiamente ciò che la serie sarà; e anche se mantengono un tono decisamente meno forsennato rispetto a quelli delle stagioni successive, sono assolutamente, senza dubbio alcuno e fuor di questione, da guardare. Considerando il loro scopo, il pubblico a cui mirano, e soprattutto il genere che rappresentano, io sostengo che non si potessero realizzare con più gusto, e che ad oggi, dopo 35 anni, permangano un esempio per gli sceneggiatori di soap di tutto il globo. Si tratta di un inequivocabile dieci su dieci: un masterpiece, in gergo tecnico..


Tommaso Tosti, 4I


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