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INTERVISTA A PAOLA BOLAFFIO


Paola Bolaffio è direttrice di Giornalisti nell’Erba, giornale online di informazione ambientale con ottomila giovanissimi reporter in tutta Italia e in Europa, il quale prevede la realizzazione dell’annuale Premio Nazionale e Internazionale di Giornalismo Ambientale, di laboratori ed eventi formativi, di manifestazioni locali sulla comunicazione ambientale. Collabora con La Stampa per le pagine Tuttogreen e In precedenza ha lavorato come giudiziarista per Paese Sera, La Gazzetta e L'Indipendente.

La intervistiamo come coautrice di “Prime”,  di Codice edizioni, a cura di Mirella Orsi e Sergio Ferraris, che raccoglie le storie di donne pioniere, apripista, nell’ambito della ricerca scientifica ambientale . 1. Nel libro racconta di come la scienziata di cui ha scritto, la chimica ungherese Mària Telkes, pioniera delle ricerche sull’energia solare , venga ripetutamente screditata dai colleghi del sesso maschile durante il periodo del suo contributo al MIT: secondo lei, a distanza di 50 anni, le cose sono cambiate nell'ambito scientifico? Crede che le donne vengano tuttora messe in difficoltà dai pregiudizi sulle loro abilità? E se sì, come prima, più di prima o meno di prima?

Paola Bolaffio: Certamente meno di prima, passi avanti sono stati fatti sicuramente in questo come in tutti campi. Le difficoltà però, obiettivamente, ci sono: conosco tante ricercatrici che arrancano rispetto ai loro colleghi maschi. C'è da battersi, insomma. C'è ancora la credenza diffusa secondo la quale le materie scientifiche non sono adatte ad una donna, per cui già in partenza siamo svantaggiate e ci autocensuriamo senza dedicarci a queste materie perché siamo condizionate dalla convinzione per cui "non siamo portate". Forse è proprio per questa convinzione di fondo che noi stesse ci poniamo, che la questione appare ancora più inscalfibile. Passi avanti sono stati fatti sicuramente, al MIT stesso ora ci sono donne che riescono ad insegnare e a raggiungere livelli di vertice (cosa che all'epoca non era neanche pensabile). Passettino per passettino c'è un’evoluzione.


2. Il racconto inizia con la storia della famiglia Nemethy che va ad abitare nella Sun House per poi collegarsi alla storia della casa stessa: come mai ha scelto di introdurre direttamente la famiglia e di raccontare il resto della storia in flashback?

Paola Bolaffio: Questa di non fare la biografia cronologica esatta era un po’ la linea data dai curatori, e facendo ricerche mi era piaciuto moltissimo il racconto di chi questa casa l'aveva vissuta, perché dava proprio l'idea di quella che è stata una rivoluzione. Che fosse un bambino ad iniziare con la sua famiglia ad abitare in questa casa era un'immagine che mi piaceva, mi sembrava proprio il punto di partenza da cui ricostruire tutta la storia della gran donna che è stata Maria Telkes e delle sue compagne di avventura. La cosa bella di quella casa è che non era solo lei la rivoluzionaria, ma erano in tre: era bello che fossero tre donne a costruire questa rivoluzione.

3. Mentre lei ci racconta dell'espulsione della protagonista scienziata dal MIT, ci viene detto che il capo del team di metallurgia teme per il bene  della scuola a causa del legame tra l'architetta omosessuale e la ricercatrice. Lei pensa che questo tipo di discriminazione intacchi ancora oggi la possibile carriera di un individuo?

Paola Bolaffio: Molto meno, soprattutto negli ultimi anni, c'è stata anche lì una grande rivoluzione culturale: si parla di correttezza nel porsi, nel raccontare, nel parlare e nel rapportarsi con le persone. Sicuramente quel tipo di discriminazione si andrà perdendo già quando voi sarete adulti, voi che siete già avanti, avete vinto e non temo per il futuro da questo punto di vista. E il cinema ha fatto tantissimo per cambiare queste visioni. Però ancora ci siamo noi, più anziani a dirigere certe cose, quindi ancora ci sono delle resistenze di questo tipo. Le vediamo, le vediamo ogni giorno. Ci siamo noi e ci sono anche quelli che noi riusciamo a convincere anche nella vostra generazione, quindi ancora c'è anche lì un po' da fare, ma ho comunque l'impressione che si vada più veloci su quel fronte.

4. Ci interessava sapere come mai il piccolo Andrew definisce la casa come un'astronave e come mai questo poi diventa il titolo del racconto.

Paola Bolaffio: Voi immaginatevi cosa erano negli anni 40-50 in America: villini, tutti un po' stile 800, di legno… erano tutte cose che ammiccavano all’antica Europa e non c'erano tanti guizzi ancora. Questa era una casa del tutto particolare perché era tutta sbilenca, triangolare e con questi enormi finestroni che appunto facevano sembrare astronave, no? Immaginatevi nella testa di un bambino. Ma anche per noi è effettivamente un'astronave che ti portava nel futuro! Secondo me era significativo proprio dare questa impressione di questa che era una proiezione del futuro, perché questo che ha fatto la Telkès. Lei ci ha visto più lungo anche della visione attuale, l’ha data quell’impressione di futurista.


5. La storia della nascita della Sun House è una testimonianza fondamentale del lungo cammino che le donne in tutta la storia hanno dovuto e tuttora devono affrontare, che è tappezzato di pregiudizi e di critiche. Tuttavia la scienziata protagonista e le colleghe non sono sicuramente l'unico esempio di questa grande determinazione che porta poi al successo, da quello che vediamo anche negli altri capitoli del libro. Per cui, che cosa l'ha spinta a scegliere proprio questa storia al posto di altre? Che cosa rispetto ad altre storie l'ha ispirata tanto da volerla poi esporre nel libro?

Paola Bolaffio:, Prima di tutto le scienziate sono state attribuite dai curatori e non ce le siamo scelte noi… ma io sono stata molto contenta di questa attribuzione, perché immediatamente appena ho cominciato a leggere cose su di lei ho capito quanto era caparbia, di una caparbietà incredibile e anche durezza, se vuoi. Cioè è riuscita a vincere: anche in altre storie del libro vediamo che gli uomini spesso riescono a prendersi il merito anche di ciò che hanno fatto le colleghe del sesso opposto. Lei invece no: lei ha vinto, lei è rimasta nella storia, lei è riuscita a diventare la “regina del sole”, E non lo fa usando sistemucci o il fatto che è femmina, non usa niente di quello che potrebbero essere le armi che sono contemporaneamente la causa del nostro essere “sfigate” ma anche fonte di vantaggi. Lei è come assessuata, no? Non le importa di essere una donna o un uomo, va dritta e parla solo di quello. Lei vince solo per la sua caparbietà, professionalità e capacità. Non si sa niente di lei o della sua vita privata. Si sa solo quello che ha fatto perché lei ha sempre parlato solamente del suo lavoro.


6. Se lei si fosse ritrovata a vivere in quel periodo, avrebbe accettato di fare da cavia ad un esperimento totalmente al femminile e così a lungo termine come quello della Sun House?, Tenendo in mente l'influenza che i pregiudizi contro delle scienziate potevano avere sulla mentalità e la fiducia dell'opinione pubblica appunto nei confronti dell'esperimento stesso?

Paola Bolaffio: Difficile rispondere. Di slancio sicuramente ti direi di sì. Però non lo so, perché non ho l'educazione che avevano le donne di quell'epoca, ho un altro background quindi non sono sicura che avrei avuto la forza di buttarmici. Mi auguro di sì… mi piace immaginarmi così.


7. Poi volevo fare un'altra domanda che mi sorge spontanea, non l'ho preparata. Per parlare di una storia del genere, considerando anche l'esempio dell'omosessualità dell'architetto, ci vuole una certa apertura a livello mentale. Le volevo quindi chiedere che cosa nella sua esperienza o educazione (da bambina, a scuola, in giro, proprio nella sua esperienza personale) l'ha portata ad avere una così grande apertura mentale anche nei confronti di storie di omosessualità, di donne scienziate e tutto il contesto.

Paola Bolaffio: Niente nella mia educazione, anzi: io ho fatto la scuola dalle suore, in un ambiente molto rigido di bacchettoni, con la divisa e bastonate se mettevamo le calze di nylon. I miei genitori erano anche abbastanza grandi. Mia madre in particolare era di vedute anche abbastanza aperte, compatibilmente con la sua educazione e la sua età. E quindi no, sicuramente non l'ho avuta dall’educazione. L'ho avuta da delle scelte che ho fatto, da gente che ho frequentato e, soprattutto, se devo dire la verità, dalle mie figlie. Loro mi hanno educato. Io ho una grandissima stima della vostra generazione, siete molto meglio di noi.

Potete ascoltare Paola Bolaffio al link https://t.co/XbuyKuEWTo


Emma Pierini 4L

Maria Cucina 5F


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