La paura di perdere
- pubblicazionesirin
- May 27
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Perdere non significa soltanto non vincere o essere sconfitti. Perdere può essere percepito come fallire, da chiunque e a qualunque età. Perdere può anche significare che qualcosa che prima c’era ora non c’è più, senza che si possa fare nulla se non vivere con angoscia lo scandire inesorabile del tempo. Ciò che accomuna il fallire con il dissolversi di tutte le cose è il fatto che in entrambi i casi qualcosa viene a mancare in modo irreversibile, che sia un traguardo desiderato o una cosa tanto amata, lasciando in chi perde una sensazione di vuoto e di impotenza. Che poi si perda veramente o non si perda mai o non si abbia mai avuto, non ha molta importanza; è sufficiente credere di possedere qualcosa, o di poter considerare qualcosa un punto di riferimento o un obiettivo, per poi sentirsi smarriti quando ci si ritrova solo con sabbia tra le mani, incapaci di afferrarla o di trattenerla con sé.
Come sempre, però, credo che la musica e la poesia siano un miglior veicolo di espressione dei sentimenti umani; perciò propongo alcune canzoni per riflettere sulla paura di perdere.
Scared of my guitar di Olivia Rodrigo: la protagonista confessa di vivere in una perfezione apparente, minata da un’inquietudine interiore alla quale ha timore di dare voce. Per questo dice di aver paura della sua chitarra: sa che, una volta cominciato a suonarla, non potrà più mentire a se stessa. Eppure, sceglie di fare finta di niente per non perdere quello che ha; paura, quella di perdere, che in questo caso sembra legata al timore del fallimento: se si lascia andare ciò che in teoria è perfetto, per poi rimanere soli, come si ricostruisce la propria vita?
'Cause what if I never find anything better?
The doubt always creeps through my mind
So we'll stay together 'cause how could I ever
Trade somethin' that's good for what's right?”
Beautiful things di Benson Boone: anche qui viene espressa la paura di perdere ciò che si ha, ma questa volta per cause esterne (o semplicemente imprevedibili). Si percepisce una sorta di angoscia esistenziale al pensiero di perdere tutte quelle cose belle che rendono felice il protagonista e che sembrano ormai essere parte della sua identità. Una volta perse, infatti, che gli rimarrebbe? Non è spaventoso con che facilità tutto ciò a cui si attribuisce il senso della propria vita può andare perso, anche all’improvviso, anche senza riuscire a spiegarselo?
“I found my mind, I'm feelin' sane
It's been a while, but I'm finding my faith
If everything's good and it's great, why do I sit and wait 'til it's gone?
Oh, I'll tell ya, I know I've got enough
I've got peace and I've got love
But I'm up at night thinkin' I just might lose it all”
Million years ago di Adele: la protagonista esprime la sua angoscia per il passare del tempo, la nostalgia del passato, il rimpianto per le cose fatte o non fatte. La paura di fallire e del dissolversi delle cose nel tempo compaiono insieme; forse perché si tende a credere che, mancata la possibilità di successo, poi non si abbia più tempo per ricominciare e si sia, quindi, destinati per tutta la vita al fallimento e al rimpianto.
“I know I'm not the only one
Who regrets the things they've done
Sometimes, I just feel it's only me
Who never became who they thought they'd be
I wish I could live a little more
Look up to the sky, not just the floor
I feel like my life is flashing by
And all I can do is watch and cry
I miss the air, I miss my friends
I miss my mother, I miss it when
Life was a party to be thrown
But that was a million years ago”
Leaves that are green di Simon & Garfunkel: la canzone è una riflessione su come la vita sia un continuo di incontri e di addii, e ogni cosa sottoposta all’azione del tempo, rapida e disgregatrice.
“I was twenty-one years when I wrote this song
I’m twenty-two now but I won’t be for long
Time hurries on
And the leaves that are green turn to brown
And they wither with the wind
And they crumble in your hand”
La paura di perdere è, forse, la più insidiosa tra le paure umane; in essa s’insinua anche l’ombra della morte e, a pensarci bene, le ragioni di vari comportamenti sono riconducibili ad essa. Non cerchiamo, spesso, delle cose che ci definiscano, che ci identifichino, che ci salvino dal sentirci inesistenti, che ci permettano di aggrapparci per non annegare nel buio? Cerchiamo il riconoscimento altrui e la compagnia, forse anche per non sentirci invisibili o
soli; chi è solo non ha nessuno; chi è solo c’è e non c’è. Sembra che si debba cogliere al volo ogni occasione, perché ora o mai più, perché se si fallisce non si vale più niente. Così siamo attanagliati, nell’intricata complessità dei nostri sentimenti, dalla paura di perdere.
Beatrice Trottolini 3L
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