top of page

PERUGIA, LA CITTA’ DEL JAZZ



Intervista a Manuele Morbidini, direttore dell’orchestra di Umbria Jazz


Tutti, almeno una volta, siamo stati travolti dal fascino della musica jazz suonata per le vie del centro storico di Perugia o, perlomeno, abbiamo sentito parlare del festival musicale di jazz più importante in Italia: Umbria Jazz.


LA STORIA DI UMBRIA JAZZ

Il primo concerto va in scena il 23 agosto 1973, appena 25 anni dopo la nascita della nostra Regione nel 1948.

L’idea nasce dal commerciante perugino, appassionato di musica jazz, Carlo Pagnotta, che propone l’idea a due esponenti della regione Umbria e che stila un programma artistico con l’aiuto di Alberto Alberti, il principale manager italiano dei jazzisti in quegli anni.


La proposta viene approvata e il festival parte con un riscontro più che positivo e un’affluenza incredibile di appassionati di musica jazz e non solo.


Tuttavia, nel 1976, a causa del picco dei cosiddetti “anni di piombo”, si verificano molte difficoltà nella gestione del pubblico e di conseguenza si decide di cancellare l’edizione dell’anno successivo.

Quella del 1978, invece, viene confermata, nonostante l’evidente impossibilità di organizzare la folla di turisti e appassionati che nel frattempo è aumentata notevolmente.

Per i successivi 4 anni il festival viene sospeso "per il troppo successo”, come sostiene Franco Fayenz, giornalista e critico musicale; per questo, alla ripresa dei concerti nel 1982, vengono introdotte numerose innovazioni, come il biglietto obbligatorio per i concerti più importanti, la creazione di un’associazione ufficiale, di un marchio e tanto altro, sistemi che permetteranno di gestire al meglio gli spettacoli.


EVOLUZIONE DEL FESTIVAL

All’inizio e nei primi anni, Umbria Jazz vede il suo pubblico composto soprattutto da persone che cercano occasioni di aggregazione, non solo la musica jazz. Molto diversa diviene l’atmosfera a partire dal 1982, dopo i quattro anni di pausa: ora il pubblico che accorre vuole veramente assistere ai concerti ed è realmente interessata alla musica.


Negli anni Ottanta e Novanta il festival raggiunge un grado di rilievo enorme nell’ambito del Jazz ma anche della musica in generale. In passato, infatti, la musica era fruita soprattutto dal vivo e il rapporto tra l’artista e il pubblico era molto più cercato di ora.


Nel corso dei suoi quasi 50 anni il festival ha ospitato artisti illustri da tutto il mondo a testimonianza della sua importanza non solo in Umbria o in Italia. Verso la fine degli anni Settanta suonarono al festival (tra gli altri) Miles Davis e Dizzy Gillespie.

Dagli anni Ottanta in avanti l’evento ha poi ospitato anche musicisti blues, pop e rock come Carlos Santana, i Simply Red, Sting, Elton John, Lady Gaga, Mika, Phil Collins e tanti altri.


UJ4KIDS

La rassegna di Umbria Jazz è più o meno nota a tutti, ma pochi sanno che dal 2019 è attivo un progetto di musica jazz riservato esclusivamente ai ragazzi: Umbria Jazz for Kids. E’ uno spazio dedicato ai giovani musicisti delle scuole di musica umbre, che prevede esibizioni singole, orchestrali e di improvvisazione in luoghi storici di Perugia.


Questo testimonia che l’interesse per il jazz si sta pian piano espandendo a tutte le età, ma esso piace sempre di più a tutti. E’ infatti un genere che riesce a coinvolgere e a trasmettere emozioni anche a chi di jazz non se ne intende molto.

Il jazz oggi ha molte più possibilità di una volta, anche perché è più facile poterlo ascoltare.


IL FESTIVAL VISTO DA DENTRO: MANUELE MORBIDINI

Manuele è nato a Perugia nel 1983 e ha studiato musica al Conservatorio di Perugia, diplomandosi in sassofono con il massimo dei voti e, sempre nello stesso conservatorio, nel 2006 ha conseguito con lode il diploma accademico di secondo livello.

Successivamente ha proseguito i propri studi seguendo le lezioni di illustri jazzisti di tutto il mondo. Nel frattempo ha anche conseguito con lode la laurea specialistica in filosofia presso l’Università degli Studi di Siena, portando come tesi un'analisi sulla musica di Aldo Clementi.


Manuele, oltre a studiare e a insegnare musica, è anche il direttore musicale e uno dei fondatori della Umbria Jazz Orchestra e ci ha fatto l’onore di rispondere a qualche domanda per darci il parere di chi i concerti non si limita ad ascoltarli, ma li organizza e li suona.


Qual è l'edizione che le è rimasta più impressa?

Non credo ci sia stata un’edizione di per sé più bella delle altre. Umbria Jazz è normalmente un festival di grandi dimensioni, che include sempre molte cose anche diversissime tra loro, per cui è piuttosto difficile considerare un’edizione nel suo insieme - se non altro perché, per forza di cose, non si riesce a vedere che una piccola parte dei concerti previsti. E inoltre è un festival con un suo clima molto specifico: l’aria che si respira in quei dieci giorni è un elemento imprescindibile e si ritrova ogni anno, al di là di ciò che è programmato (purtroppo gli ultimi due anni, per ovvie ragioni, fanno parzialmente eccezione).

Da quanto dirige l'orchestra di Umbria Jazz?

Dal 2017, che è anche l’anno in cui è stata costituita “ufficialmente”. Ma di fatto il nucleo dell’orchestra è composto da un gruppo di musicisti che gravitava intorno al festival già da diverso tempo, e con buona parte di loro ci conosciamo fin da quando eravamo più o meno tuoi (vostri?) coetanei.


Cosa comporta dirigere l'orchestra di Umbria Jazz in termini di organizzazione e come ha cambiato la sua vita?

Rispetto a suonare con piccoli gruppi, che sono il formato più usuale nel jazz, un grande organico impone di pianificare il lavoro con una maggiore accuratezza. Le nostre produzioni hanno in genere una gestazione piuttosto lunga: tra quando si comincia ad immaginare un progetto e quando lo si porta su un palcoscenico, passano a volte anche anni. Questo tempo lo si impiega cercando di mettere a punto ogni aspetto il più analiticamente possibile, in primis, ovviamente, dal punto di vista musicale.

Che mi abbia cambiato la vita tout court forse è un po’ forte, ma sicuramente ha cambiato la mia vita professionale. Non tanto - o per lo meno non solo - perché assorbe gran parte delle mie energie, quanto perché, attraverso il lavoro con l’orchestra, ho sempre l’impressione di star imparando qualcosa che molto difficilmente potrei ottenere altrimenti.


Sofia Barbanera


Commentaires


bottom of page