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Quando l’inquinamento viaggia: il caso Miteni e i PFAS dall’Italia all’India

  • Writer: pubblicazionesirin
    pubblicazionesirin
  • 3 hours ago
  • 2 min read

Dalla provincia veneta ai villaggi dell’India: la storia inquietante di un inquinamento che non è stato fermato… ma solo spostato.



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Per anni, nella provincia di Vicenza, la Miteni ha prodotto PFAS, sostanze chimiche definite “forever chemicals” perché quasi impossibili da degradare. Sono composti usati in vernici, imballaggi e impermeabilizzanti, ma possono finire nelle acque e nel nostro organismo, accumulandosi nel sangue e diventando potenzialmente cancerogeni o dannosi per lo sviluppo fetale.

Il problema venne scoperto più di dieci anni fa: già nel 2011 i ricercatori trovarono livelli altissimi di PFAS nelle acque reflue dell’impianto e nel sangue dei lavoratori. Nel 2013, grazie a uno studio del CNR e del Ministero dell’Ambiente, venne confermata una massiccia contaminazione che coinvolge oggi oltre 300.000 persone tra Vicenza, Padova e Verona.

Nel 2018 Miteni chiude, travolta da quello che viene definito uno dei peggiori scandali ambientali italiani. Nel 2022 si apre un processo contro 15 dirigenti, accusati di avvelenamento delle acque e disastro ambientale. Nel giugno 2025 arrivano le condanne in primo grado.

Fin qui, sembrerebbe la storia di una fabbrica che sbaglia e viene punita. Ma la verità è molto più complicata.

Dopo il fallimento, infatti, l’intero impianto (macchinari, materiali e perfino i brevetti) viene venduto all’asta e acquistato dalla multinazionale indiana Laxmi Organic Industries. Nel 2019, ciò che restava di Miteni viene imballato, spedito e ricostruito dall’altra parte del mondo, in uno stabilimento situato nell’area industriale di Lote Parshuram, nello stato del Maharashtra, in India.

Sono stati giornalisti italiani, armati di fotografie satellitari, coordinate GPS e tanta ostinazione, a scoprire dove fossero stati ricollocati gli impianti. Nell’autunno del 2024 raggiungono la zona: una foresta tropicale rigogliosa, ma circondata da degrado ambientale. E proprio lì trovano ciò che resta della produzione veneta, ora totalmente riattivata.

Le loro indagini mostrano che la fabbrica indiana produce gli stessi composti di Miteni, vendendoli agli stessi clienti e ad aziende multinazionali in tutto il mondo. Grazie ai codici doganali internazionali “HS”, i giornalisti hanno seguito i movimenti delle merci e scoperto spedizioni dirette perfino a industrie chimiche venete, a pochi chilometri dal luogo in cui era iniziato tutto.

Il punto critico?

In India gli standard di sicurezza ambientale non sono paragonabili ai nostri. I monitoraggi sono rari, i controlli lacunosi e, come raccontano gli abitanti, quando manca la corrente, cosa frequente nella zona, gli impianti di depurazione si fermano e le acque inquinate finiscono direttamente nei corsi d’acqua locali.

In altre parole: ciò che in Italia ha causato uno scandalo e un processo, altrove continua senza che quasi nessuno se ne accorga. 

L’inquinamento non è stato risolto. È stato semplicemente spostato più lontano.


Giulia Fioroni 2H

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