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SHEDDY - UN ARTISTA STRAVAGANTE PERUGINO


Sheddy, pseudonimo di Edoardo Chiocci, è un artista perugino. Fin da piccolo era appassionato di musica, poi, crescendo, è approdato al genere rap. Dal Febbraio 2016, dopo aver lavorato sul suo primo progetto come solista “Lettera di Benvenuto Mixtape”, Sheddy produce musica di diversi stili tra i quali rap e trap. Nella sua carriera ha avuto l’esperienza di aprire concerti a molti artisti, partendo da Gue Pequeno, Sfera Ebbasta e Rkomi fino a Gemitaiz, Moreno e Flaminio Maphia.


Lo abbiamo intervistato in esclusiva per il nostro giornale.


Da piccolo qual era il tuo sogno nel cassetto? Pensavi già di fare musica?

Il mio sogno nel cassetto, da piccolo, era quello di diventare un calciatore, ma non uno qualsiasi, bensì IL calciatore, e mi sono impegnato molto per far sì che questo desiderio si avverasse. Contemporaneamente, dai 12 ai 14 anni ho imparato a suonare la batteria e cantavo come solista nei cori della chiesa e della scuola. La musica, quindi, già era presente nella mia vita, ma non era il mio obiettivo. Poi, a 16 anni, quando ho abbandonato il calcio, mi sono dedicato pienamente alla musica.


Hai mai messo da parte gli studi per dedicarti pienamente al mondo della musica?

Ho smesso di studiare prima di iniziare a fare musica seriamente. Me ne pento, e non per non aver ricevuto il foglio di carta chiamato “diploma”, ma per non avere un mio bagaglio di conoscenze di cui, andando avanti, mi rendo conto di aver bisogno. Ho messo da parte, però, molti momenti della mia vita personale per dedicarmi alla musica, come ad esempio una semplice uscita il sabato sera: preferivo restare in studio fino a tardi mentre i miei amici andavano a ballare.


Raccontaci come, secondo te, il rap sia cambiato nel corso del tempo.

Negli ultimi anni il rap si è evoluto tanto, ha visto una crescita di audience e un cambiamento radicale. Il sotto-genere del rap, la Trap, ha aumentato la componente elettronica, ed è arrivata alle radio ed in cima alle classifiche musicali.

Quando ho conosciuto questo genere, ancora era “underground”, un rap grezzo, che andava contro tendenza, contro la società, che attaccava tutto ciò che non favoriva la vita di strada. Personalmente sono molto contento del rap attuale, anche se ci sono persone che lanciano messaggi e utilizzano comportamenti scorretti.


Sappiamo che sei stato uno dei primi a portare questo genere a Perugia. Come ti sei sentito? Da chi hai preso spunto?

A Perugia io ho portato lo stile che ora viene definito come Trap.

È stata dura, a volte mi sono sentito a disagio, perché quando partecipavo alle battle tutti si presentavano con i soliti pezzi rap aggressivi, ed io ero l’unico ad arrivare con progetti totalmente differenti dai loro. Nonostante ciò, ho continuato perché questo stile mi interessava molto. Ho preso molti spunti dal rap americano, dato che lì si era evoluto molti anni prima che in Italia.

Sono fiero, perché ho subito molte critiche, molte offese, ma non me ne sono fatto intimidire, e sono andato avanti arrivando fino a questo punto.

Ti è mai capitato, a causa degli scarsi risultati delle tue canzoni, di pensare di abbandonare tutto il lavoro fatto?

Vorrei tanto rispondere di no a questa domanda, ma purtroppo, poco tempo fa, ho avuto un crollo emotivo che mi ha portato a pensare di abbandonare tutto per un po'. Per fortuna è durato solo poche ore, ed appena è finito ho ripreso a rincorrere la mia passione, pubblicando un freestyle che avevo già pronto. Anche se non arriverà quel successo che aspetto, prometto che una “caduta” del genere non accadrà più.


Pensi che il Covid abbia influito sul tuo lavoro e sulla tua crescita artistica? Se sì, in che modo?

A differenza di quel che si possa pensare, il Covid ha influito moltissimo sul mio percorso musicale, ma in maniera positiva. Infatti, avere il mio studio in casa e trascorrere tutti i giorni lì mi ha permesso, durante il primo lockdown, di produrre tante cose con concentrazione e massima dedizione.

Non potendo lavorare, la mia giornata la passavo in studio, ed è durante questo periodo che ho partecipato a molti progetti e registrato una marea di canzoni, così tante che potrei pubblicare due album!


Qual è, tra le tue canzoni, quella a cui sei più legato, alla quale hai dedicato più tempo e sperato che avesse degli ottimi risultati?

È quella che uscirà tra poco, perché io mi innamoro sempre del progetto nuovo. Quando lavoro mi dedico al cento per cento al progetto del momento. Una volta uscito il nuovo singolo vedo come va e cerco di dedicarmi ancora di più al successivo. Questo si può notare anche dagli stream su Spotify: sono partito da 3000 per arrivare a 65000.

Ovviamente, tra tutte le canzoni uscite, ne ho alcune che preferisco, ma dato che sono tutti miei progetti, sono affezionato un po’ a tutte.


Raccontaci qualcosa del tuo ultimo singolo.

Il mio ultimo singolo è “Mai dire mai”. Anch’esso è frutto di un progetto sviluppato durante il lockdown. Devo ringraziare con il cuore Emme Mash con il quale ho fatto questo featuring, perché entrambi ci siamo dedicati con tutte le forze a questa canzone, che ha ricevuto oltre 60.000 stream. Ancora oggi piace molto, ricevo video di gente che la ascolta e che la canta, e ne sono molto contento perché questo, più dei numeri, mi fa capire che alle persone piace ciò che faccio.


Hai mai partecipato a talent show (es. X Factor)? Se no, ti piacerebbe partecipare e collaborare con altri artisti?

No, non ho mai partecipato ai talent, e non perché mi manchino determinati criteri come audience o tipo di musica, ma perché è stata una scelta mia personale. Sinceramente, non mi piacciono molto i talent come “rampa di lancio”, perché secondo me sono un’arma a doppio taglio: possono portarti ad un altissimo successo, ma allo stesso tempo è molto facile che ti distruggano la carriera. Tutto ciò perché ad ogni stagione ci sono tanti artisti, ma l’anno successivo chi ha vinto l’anno prima non se lo ricorda più nessuno.

I talent dovrebbero premiare soltanto la bravura e non dovrebbero contare le conoscenze dell’artista, ma purtroppo questa cosa c’è sempre stata e continuerà ad esserci, ed è anche per questo che io non ci andrò e preferisco costruire il mio percorso con pazienza e, forse, con qualche insuccesso, piuttosto che arrivare al traguardo in maniera veloce ma sparire dopo due anni.


Ti piacerebbe l’idea di lavorare con altri cantanti?

Ho tanti desideri, sono tanti i cantanti con i quali vorrei collaborare. Sulla fascia dell’Hip Hop italiano, nella scena urban, direi Gue Pequeno. D’altra parte, per la musica che coinvolge un po' più gente, direi Tiziano Ferro, perché è uno dei miei preferiti. A livello mondiale, invece, sempre sulla scena urban, mi piacerebbe Eminem, mentre sul mainstream desidererei molto collaborare con i Linkin Park, anche se purtroppo pochi anni fa è successa una cosa che mi ha molto demoralizzato: la morte del cantante del gruppo, Chester Bennington.


Tra gli altri cantanti che abbiamo intervistato, conosci qualcuno? Hai mai avuto l'idea di farci un lavoro insieme?

Personalmente conosco MadBlow e Nofri, e con entrambi sono stato in contatto per fare progetti insieme. Con Nofri, addirittura, ne avevamo preparato uno che poi non è proseguito a causa del tempo e del fatto che ognuno di noi si stava dedicando a cose diverse. Nulla toglie che in futuro potremo ricontattaci e riprovare a fare qualcosa assieme. MadBlow, invece, l’ho conosciuto al concerto di Ernia, quest’estate al Palabarton.

L’altro ragazzo che avete intervistato, Leonardo Meconi, pur non conoscendolo mi piace molto. Grazie alla vostra intervista ho aperto il suo profilo Instagram ed ho scoperto che non mi dispiacerebbe affatto fare qualcosa con lui.


Lettori della Siringa, speriamo che anche questa intervista sia stata di vostro gradimento. Restate sintonizzati, perché arriveranno presto altri articoli molto interessanti!


Emma Tini & Riccardo Urli




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