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SPQR: SPORCHI PROPRIO QUESTI ROMANI

Già i romani, con le loro attività, creavano rischi per l’ambiente



Quante volte sentiamo dire che nell’ultimo secolo gli uomini hanno rovinato l’ambiente che le civiltà precedenti ci avevano consegnato intatto? E se vi dicessimo che non è così? In realtà l’inquinamento non è un problema recente, bensì affligge il pianeta almeno dall’epoca dei Romani.

Durante la Repubblica, prima di fronteggiare le difficoltà legate allo smaltimento dei rifiuti, tutto veniva riciclato; ad esempio gli scarti alimentari diventavano mangime per gli animali e le ceneri erano utilizzate per lavare i tessuti. Con l’avvento dell’età imperiale, in molti si trasferirono nella capitale che raggiunse il milione di abitanti, divenendo sovrappopolata; questo causò l’aumento dei rifiuti, costringendo i Romani a trovare alternative per il loro smaltimento.

Molto utilizzate per il trasporto fluviale erano le anfore, vasi di terracotta non riutilizzabili, che, svuotati del contenuto, venivano abbandonati in una discarica. Con il passar del tempo i cocci aumentarono al punto da formare una vera e propria collina alta circa 30 metri che prese il nome di Monte Testaccio, appunto dal termine testa che significa vaso.

Roma è da sempre famosa per la sua innovativa rete strada, essa però richiedeva una costante pulizia che, fino al 200 a.C. era stata affidata ai privati; dopo questa data, l’organizzazione è passata all’amministrazione pubblica che ha dovuto creare quattro nuovi magistrati detti curatores viarum e, addirittura, addetti alla rimozione del letame chiamati stercorarii.

Ma l’inquinamento non era solo terrestre, infatti i romani sono riusciti a contaminare le acque del Tevere con gli scarichi delle fognature, le Cloache, che convogliavano le immondizie nel fiume. Talvolta i rifiuti non si limitavano a scarti quotidiani ma potevano essere anche cadaveri! Come quello dell’imperatore Elagobalo, che ha regnato dal 218 al 222 d.C.

Molte sono le ricerche di studiosi di tutto il mondo riguardanti la situazione climatica del periodo romano. Fra i più importanti c’è quello del CNRS Francese (Centre National de la Recherche Scentifique) che ha rilevato nella regione alpina e in misura minore anche nei ghiacciai della Groenlandia, grandissime quantità di piombo rilasciate in due età differenti: durante la Repubblica fra il 350 e il 100 a.C., e poi tra lo 0 e il 200 a.C., nel periodo imperiale. Questo tipo d’inquinamento era dovuto alla galena, un minerale che al suo interno conteneva l’argento necessario per le monete. Essa veniva riscaldata fino al 1.200° C per estrarne il metallo prezioso; questo processo causava la liberazione di piombo nell’atmosfera, le cui tracce sono arrivate fino a noi.

Questo tipo di studi ha interessato anche l’ETH di Zurigo che ha scoperto che la massiccia combustione del legno per produrre energia e per ricavarne la pece, una specie di plastica dell’antichità, ha contribuito all’emissione di gas serra che hanno causato l’innalzamento della temperatura di 0,19° C., ma tali fuochi hanno anche liberato carbonio organico cioè fuliggine, che ha sovrastato il leggero riscaldamento provocando, al contrario, un abbassamento delle temperature di 0,46° C. Gli effetti non sono stati percepiti direttamente, però hanno peggiorato la salute dei Romani e sfalsato le precipitazioni.

Ciò che possiamo fare per rimediare a millenni di errori è prenderci cura, nel nostro piccolo, dell’ambiente che ci circonda e tutti insieme potremo fare la differenza.


E.P. e M.C.

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