È più di un anno che siamo chiusi in casa, lontani dai nostri cari e ciò che mi manca di più sono i pomeriggi passati con i nonni a cucinare piatti tipici o anche solo a mangiarli. Oggi, per farvi rivivere quei bei momenti, in attesa di tornare ad abbracciarci, vi parleremo del dolce pasquale rosso a forma di ciambella, ricoperto da una glassa bianca e confettini colorati: la Ciaramicola!
Il termine deriva forse dalla parola "ciara", che significa chiara, come la glassa spumosa di albume, secondo altri invece viene dalla parola "ciarapica", cioè il modo dialettale in cui viene chiamato l'uccello colorato Cinciallegra, che preannuncia l'arrivo della primavera con il suo canto.
Si gusta tipicamente alla fine del pranzo di Pasqua accompagnata dal Vin Santo, vino dolce prodotto in Umbria, o dal Sagrantino di Montefalco, anch'esso un vino umbro con retrogusto di vaniglia e cannella.
Secondo la tradizione essa rappresenta i cinque rioni della città di Perugia, attraverso la meringa che forma cinque collinette, e anche grazie ai colori:
• rosso come il rione di Porta Sant'Angelo, dal quale entrava la legna per i fuochi;
• bianco come il rione di Porta Sole, da cui arriva la luce del sole a far risplendere i marmi
• blu come il rione di Porta Susanna, la porta che conduce alla via Trasimena, lungo la quale si può ammirare l'azzurro del lago;
• verde come il rione di Porta Eburnea, che si affaccia sui boschi;
• giallo come il rione di Porta San Pietro, dal quale entrava il grano.
Secondo altre fonti invece il colore rosso e bianco rappresentano lo stemma di Perugia, un grifo argentato su una base rossa, o il sangue versato da Cristo sulla croce e la luce della risurrezione.
Questo dolce non è importante solo per la tradizione perugina, ma anche per la città di Gubbio, dove viene mangiato in occasione della festa di Sant'Ubaldo del 15 maggio.
Da qualunque parte dell'Umbria si venga, a prescindere da quando si preferisce mangiarla, la Ciaramicola è sempre un un'ottima scelta per il dessert!
E.P.
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