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UN MONDO DIVERSO


Lo guardò e gli disse: “ Non voglio più avere niente a che fare con te!”. Dopo, uscì per sempre da quella casa. Da allora il loro rapporto terminò. Il padre si chiamava Faustino e fin da piccolo aveva cercato di far studiare il figlio Carlo; spesso non lo aveva mandato agli allenamenti di calcio per i brutti voti che prendeva a scuola. A Carlo di studiare non era mai importato niente, lui sognava di diventare un calciatore famoso. Il suo momento sembrava arrivato quando la Roma gli aveva offerto un posto nella primavera, ma suo padre glielo aveva negato. Così, un po’ per questo e un po’ per un irrefrenabile desiderio di libertà se ne andò di casa appena compiuti diciotto anni, insieme alla sua fidanzata. Faustino iniziò a spiarli. Andava fuori dall’ufficio del figlio all’ora di pranzo, fuori dal suo appartamento, e osservava la coppia quando usciva per fare la spesa o quando andava al parco per fare una passeggiata. Troppo presto Carlo aveva interrotto il loro rapporto. Dopo giorni e giorni, settimane, mesi e anni, Faustino si rese conto dell’inutilità di ciò che stava facendo e decise di smettere e di rimediare in altri modi a quella spaccatura. Così iniziò a chiamare Carlo, ma lui non rispondeva mai. Un giorno a Faustino arrivò la notizia che era diventato nonno. Le telefonate ricominciarono perché, più di ogni altra cosa al mondo, Faustino avrebbe voluto conoscere suo nipote, ma Carlo era stato chiaro: mai glielo avrebbe fatto vedere. Da quel momento Faustino cominciò a chiamare da numeri sconosciuti pur di sentire la voce del figlio e talvolta quella del nipote sullo sfondo, ma un giorno Carlo cambiò numero e Faustino non ebbe più risposta. Era un modo per far sì che le loro strade prendessero direzioni diverse. Una mattina il vecchio si svegliò: si sentiva stranamente tranquillo, soprattutto leggero di ogni pensiero, non aveva preoccupazioni. Il fiume della sua vita era scorso lento e impetuoso, ma quella mattina era come se fosse straripato. In quella casa, allo stesso tempo tutto era nuovo e estraneo. Si alzò e andò in cucina a preparare la colazione, poi si avviò in camera, si vestì, e dato che era una bella giornata, uscì. Appena varcò la soglia, incontrò la donna delle pulizie che, vedendolo disorientato, lo accompagnò a pochi isolati da lì dal medico. La diagnosi fu: “Signor Faustino lei ha l’ Alzheimer”. Ora sapeva che di lì a poco non avrebbe ricordato neanche ciò che aveva mangiato a colazione. Si alzò dalla sedia dello studio medico e, assorto nei suoi pensieri, se ne andò al parco. Il suo sguardo cadde tra i tanti bambini che giocavano allegramente a calcio e che gli ricordavano suo figlio Carlo. Ad un tratto il pallone gli arrivò vicino ai piedi e un ragazzino che a lui parve tanto gentile glielo richiese. Faustino glielo restituì e poi gli disse: “ Siediti.” e iniziarono a parlare. I giorni passavano e Faustino era sempre più contento di vedere quel bambino. Un giorno davano da mangiare insieme ai piccioni, quello dopo il bambino gli insegnò a tenere la palla in equilibrio sul naso, qualche volta invece era il bambino che imparava qualcosa. Faustino riusciva ad inventare storie bellissime e aggiungeva tutte le volte qualcosa di nuovo per renderle originali. Un sabato pomeriggio, mentre un venticello fresco invadeva il parco e i due amici stavano parlando, ad un tratto il bimbo gli disse: “ Sa signore, lei sarebbe un ottimo nonno, al contrario del mio. Mio padre mi ha sempre detto che è una persona cattiva da cui devo stare lontano perché tanto non mi ha mai voluto conoscere ed è stato in grado solo di farmi del male”. Finì di pronunciare queste parole che una voce che conosceva bene lo richiamò. Era suo padre. “ Luca, ti ho detto che non ti saresti mai dovuto avvicinare a tuo nonno, è una persona cattiva!”. Luca rispose: “ Questo è mio nonno? Ma papà, me lo hai sempre descritto come un uomo malvagio e crudele, invece è premuroso e gentile e mi racconta tante bellissime storie.” Faustino si alzò e si incamminò verso l’uscita del parco, quando un foglietto gli cadde dalla tasca. Carlo lo raccolse e lesse: “ Ho l’Alzheimer, mi chiamo Faustino Botte, ho settant’anni e vivo in via del fiore 42. Se mi vedi disorientato non ti spaventare, sono ‘solo’ nel mio mondo, un mondo diverso da tuo”. Solo a quel punto Carlo si rese conto di quello che stava succedendo proprio sotto i suoi occhi e provò a richiamare Faustino: “Papà, papà!”. Il vecchio però non rispondeva. Allora Carlo lo rincorse, lo afferrò per un braccio e scorse nei suoi occhi un’espressione confusa, innocente e scoppiò a piangere.

C.P.


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