Intervista a Feliciano Franchi, infermiere di Città di Castello tra i primi vaccinati in Umbria
Il vaccino anti-Covid: ci sembrava qualcosa di irraggiungibile e invece eccoci qui. Dopo nove lunghi mesi, con il duro lavoro di ricercatori provenienti da tutto il mondo, siamo riusciti ad arrivare a questo traguardo. Domenica 27 dicembre è stato per molti Paesi europei il Vax-day, una data che rimarrà impressa nelle menti di tutti noi e che sicuramente verrà inserita nei libri di storia. Alle 7:20 sono stati vaccinati i primi tre italiani, tra cui la ricercatrice che aveva isolato il virus in Italia. In Umbria uno tra i primi ad essere vaccinato è stato l'infermiere Feliciano Franchi, che lavora nel reparto di rianimazione COVID dell'ospedale di Città di Castello e che ci ha concesso un'intervista per parlarci della sua esperienza.
Come è avvenuto il processo di selezione delle persone da vaccinare per prime? Vi siete dovuti candidare per rientrarci?
Sì, ma per me è andata diversamente. A candidarsi era stato il mio primario, che quando si è presentata per lui questa opportunità ha però preferito lasciare il suo posto a noi infermieri, che siamo, insieme ai medici, coinvolti in prima linea nella lotta al Coronavirus. E così, la dottoressa Laura Martinelli, l'infermiera Anna Maria Cerboni ed io ci siamo ritrovati tra i primi 85 ad essere vaccinati in Umbria.
Come ha reagito quando ha avuto la notizia di essere tra i primi vaccinati? Ne è stato felice?
Sicuramente eravamo tutti molto emozionati e felici di poter essere un esempio nel ribadire l'importanza della vaccinazione. Come personale sanitario abbiamo l'obbligo morale di proteggere la comunità e noi stessi, come dice l'articolo 32 della nostra Costituzione, e siamo stati felici di poterci adoperare in questo senso, oltre che con il nostro lavoro, anche con il nostro esempio.
Lei aveva precedentemente contratto il virus? Se sì, questo ha influenzato la sua esperienza? Se no, crede che il non aver contratto SARS-COV2 le abbia fatto percepire l'opportunità in modo diverso rispetto a qualcuno che era stato infettato?
No, per fortuna non avevo contratto il virus. Come infermiere mi sono sottoposto ogni mese a test sierologici o tamponi orofaringei e sono sempre risultati negativi. Comunque, non credo che ciò abbia influito sulla mia esperienza, ho voluto sottopormi al vaccino per tutelare me stesso e i miei cari e perché lavorare nel reparto di rianimazione sicuramente ti fa percepire tutto in modo diverso. Quasi la metà dei miei pazienti purtroppo non ci sono più e non sono tutti anziani come molti pensano, ma anche persone più giovani e senza particolari patologie. Per il personale sanitario questa è sicuramente un'esperienza stressante sia fisicamente che psicologicamente. È stato un periodo molto difficile per noi, perché abbiamo fronteggiato questa emergenza con un sistema sanitario al tracollo e l'aiuto di tanti giovani che, seppur volenterosi e energici, andavano comunque formati e aiutati a loro volta per fornire a tutti cure adeguate.
Chi ha eseguito il vaccino? Ha avuto paura di farlo oppure ha prevalso una sensazione di libertà?
Ci siamo sottoposti al vaccino insieme agli altri all’ospedale “San Matteo degli Infermi” di Spoleto e sicuramente non abbiamo avuto paura, convinti della sicurezza della nuova tecnica a RNA. Questa non prevede l'inoculazione di un virus depotenziato, ma di RNA creato in laboratorio che prepari nell'organismo la risposta immunitaria senza effettivamente esporlo al virus.
Ha avuto qualche particolare effetto collaterale dopo aver fatto il vaccino?
No, nessuno, se non, il giorno dopo, una lieve dolenzia al deltoide dove mi è stato somministrato il vaccino. Ora aspetto la seconda dose il 28 gennaio, a circa un mese dalla prima.
Secondo lei ora le sue condizioni lavorative miglioreranno o resteranno invariate? Si sentirà più sicuro nell'interazione con i pazienti sul posto di lavoro e nella vita personale?
Io credo che per il 2021, mentre lentamente la campagna vaccinale proseguirà, i comportamenti, fuori e dentro l'ospedale, rimarranno gli stessi. Anche negli anni a venire questa pandemia influenzerà il nostro modo di vivere e per ora, con i nostri pazienti continueremo a usare tutti i protocolli precauzionali e tutti i DPI necessari, anche per tutelarci in caso di ulteriori mutazioni del virus.
Da operatore sanitario, cosa pensa del modo in cui il nostro Paese e la nostra Regione in particolare stanno gestendo la campagna vaccinale?
Penso che ancora sia presto per dirlo, in fondo siamo solo nelle prime fasi della campagna. Il processo è sicuramente lungo e logisticamente molto complesso e in questo momento credo che il nostro Paese, come gli altri, abbia fatto tutto ciò che poteva essere fatto. Cosa poteva davvero cambiare le cose in questa seconda ondata? Di certo la prevenzione e una migliore preparazione in campo organizzativo durante l'estate, ad esempio nell'utilizzo dei mezzi pubblici in previsione del rientro a scuola.
In questo momento molte persone sono influenzate da mode e personaggi famosi che non danno un buon esempio e questo genera in loro concezioni sbagliate che le portano a pensare che questo vaccino non sia sicuro e a temerne gli effetti collaterali. Io stesso mi sono spesso scontrato con un vicino di casa no-mask e mi sono reso conto che questo gruppo di persone è consistente e spesso spera nell'immunità di gregge, per non doversi sottoporre al vaccino ma essere allo stesso tempo al sicuro dal virus. A loro vorrei dire che prima di procedere alla somministrazione del vaccino, il personale medico compila una scheda anamnestica del paziente, per individuare patologie e condizioni pregresse che potrebbero metterlo in pericolo, quindi non sarete mai esposti a rischi evitabili. Inoltre, è importantissimo avviare un processo di educazione della popolazione. Nell'era di Internet è ingiustificabile questa disinformazione, quando molti contenuti attendibili sono disponibili online. Certo, è importante consultare fonti affidabili e persone competenti, come il proprio medico di base o un qualsiasi professionista in campo sanitario. Ovviamente tutte le prestazioni sanitarie prevedono il consenso del paziente, ma invito tutti a informarsi per fare una scelta consapevole che ha il potenziale di influenzare l'intera comunità.
C. P. e M. L. O.
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