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VALNERINA, DOVE LEGAMBIENTE NON AMA GLI AMBIENTALISTI

Vietato disturbare i pesci: piantategli un amo in gola piuttosto!



Rafting. Cosa c’è di meglio per fare amicizia e cominciare un nuovo anno scolastico? Sole splendido, acqua cristallina, spruzzi e risate. Siamo sui gommoni, pronti a scendere l’ultimo tratto della cascata, ma ci si para davanti, con fare minaccioso, un rappresentante di Legambiente, che blocca tutti, minaccia sanzioni dicendo che non abbiamo il permesso di acquaticità (qualcuno sa dirci di cosa si tratti??????? ) e che pertanto non dovevamo neanche mettere i piedi in acqua. Tra i battibecchi con gli istruttori dell’associazione Gaia e il sedicente vigilante, non potendo volare, scendiamo con i piedi a mollo e mogi mogi ritorniamo alla base. Poi è scattato l’istinto giornalistico....Perché, nonostante tutta la fiducia nella mission di LEGAMBIENTE di tutela del fiume e del suo ecosistema, la cosa non ci ha molto convinto, fin da subito. Innanzitutto, il rafting è un’attività assolutamente eco sostenibile: abbiamo fatto una rapida ricerca dati e abbiamo scoperto che lo dice Legambiente stessa, nel suo Rapporto Nazionale ( link in calce all’articolo) che promuove quest’attività anche sui torrenti dei parchi nazionali alpini, come il Sesia . Inoltre, l’atteggiamento minaccioso ci ha insospettiti, anche perché il sito FB di Legambiente Umbria, in un post contro il rafting, fa riferimento ad una violazione del regolamento regionale ( link in calce all’articolo) che parla però soltanto dell’uso obbligatorio di determinati punti di approdo, a tutela della sicurezza dei turisti più che della fauna ittica. Curiosi, abbiamo anche chiesto agli interessati di indicarci tali approdi, ma ci è stato risposto che questi non sono ancora stati costruiti dalla regione.... Perciò come si può rispettare una regola su approdi non esistenti? Anche questa motivazione, dunque, non ci convince.

L’associazione Gaia- rafting del resto, con una competenza scientifica adeguata, svolge anche attività di educazione ambientale e manutenzione dell’ambiente fluviale, che compensa ampiamente l’attività ludica e sportiva (ad esempio rimuovendo rami pericolosi e garantendo la pulizia e la sicurezza dell’area) e costituisce un presidio prezioso sia per la tutela dell’ecosistema sia nella valorizzazione ecosostenibile delle risorse territoriali.

Ma perché Legambiente ha stabilito che in quel tratto di fiume non si possa neanche bagnarsi la punta dei piedi? La risposta è che in quella zona recentemente ha stabilito un’area No-Kill, che sembra una bella cosa, ma che di fatto non è il massimo in termini di difesa dell’ambiente: in pratica si tratta di una pesca sportiva che non uccide il pesce, ma che sicuramente va a disturbare l’ecosistema, perché pianta un amo nella gola degli animali e poi li lascia liberi ma spesso feriti gravemente; alla faccia dunque del rispetto della vita acquatica, di cui i rappresentanti di Legambiente pretendono di essere gli unici paladini.

In breve: ha la possibilità di camminare in acqua e svolgere attività sportiva solo chi ha l’abbonamento alla pesca. Dunque, Legambiente, ostacolando il rafting, tutela non l’ecosistema, ma un business.

Un’ulteriore cosa che ci stupisce, infine, è che poco lontano da questo tratto che Legambiente protegge con tanta attenzione ci sia un allevamento intensivo di trote che è una vera bomba ecologica, ma prospera indisturbata (se volete saperne di più leggete l’articolo sull’azienda Rossi). È chiaro dunque, ai nostri occhi almeno, che il rafting più che disturbare i pesci disturba i pescatori, a cui Legambiente propone l’esperienza sportiva no Kill dietro congruo pagamento.


Giulia Bernardini 1 B







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